IL DIBATTITO DELLA SCUOLA

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ÉCOLE EUPOPÉENNE DE PSYCHANALYSE

IL DIBATTITO DELLA SCUOLA N° 5

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13 DÉCEMBRE 1999

NOTE PER IL DIBATTITO (CON CORREZIONI REDAZIONALI) par Miquel Bassols

Ecco il testo *Note per il dibattito*, gia' precedentemente inviato, con qualche correzione di redazione. MB

*** Note per il diabttito Miquel Bassols Ad una settimana dall'apertura del "dibattito" vari punti cominciano a definirsi nella prospettiva della Scuola italiana: ne elenco solo alcuni per continuare a farlo, soprattutto dopo aver letto l'intervento di Giorgio Tonelli. 1. La Scuola italiana non potrebbe esistere come entità autonoma basata nel semplice riconoscimento mutuo di coloro che si pensano simili, nel caso specifico, coloro che sono già psicoanalisti. Il riconoscimento tra coloro che si pensano simili ha il problema di escludere ciò che tra di loro è dissimile. E ciò che nel prossimo è dissimile finisce - è la fine del problema, mai la sua risoluzione - per riapparire nel peggiore dei modi. Ciò che non si somiglia, il dissimile, ritorna indefettibilmente per indicarci che sta nel nucleo di ogni vincolo associativo. Ne abbiamo già l'esempio. 2. La Scuola italiana, verso la quale siamo diretti, non potrebbe fondarsi allora in questa autonomia del riconoscimento di coloro che si suppongono già analisti agli occhi degli altri. Per quanto poco uno segua l'esperienza della Scuola di Lacan, non può non accorgersi che essa include ad ogni livello qualcosa che rompe l'inerzia del riconoscimento tra pari (sia nella funzione di AE, sia in quella del più-uno). La Scuola della passe è senza dubbio la maggior conseguenza all'ora di dare posto a "qualcosa" che produce rottura e va controcorrente rispetto all'inerzia propria del discorso del Padrone o dell'Io. Discorso che come m'indicava un collega poco fa, potrebbe riassumersi secondo lo stile delle professioni deliranti, nella definizione di Paul Valery: "L'Altro non esiste...però Io sì". 3. La Scuola italiana sarà una Scuola dell'AMP e nell'AMP, articolata con le altre scuole nell'orizzonte della Scuola Una, in cui la EEP sostiene il suo progetto federativo nel Molteplice della sua realtà. Il Molteplice non implica in questo caso la proliferazione di unità isolate (unità alle quali niente impedirebbe del resto di essere uniformi ad un modello ideale d'indipendenza), ma il loro ordinamento in una serie. C'è una scelta da fare tra: la comunità del riconoscimento reciproco che tende al riposo (però "il riposo assoluto è la morte", diceva Pascal), e la non uniformità della serie che la Scuola promuove, mettendo in tensione "l'effetto di gruppo e l'effetto di discorso". 4. In questa disgiunzione il regolamento statutario ha una funzione preminente nelle nostre forme associative, ma niente potrebbe regolare in modo automatico ciò che fa che un vincolo associativo diventi la Scuola, oppure stimoli nella sua direzione; nemmeno la mera fiducia nel meccanismo, necessario, però non sufficiente, delle permutazioni nelle istanze direttive. E' piuttosto il contrario: l'idea di una macchina permutativa, in cui chiunque potrebbe essere sostituito da chiunque altro, porta di solito a che tutti si addormentino dello stesso sonno in cui riposa il riconoscimento mutuo di coloro che si pensano già simili. 5. La figura di un Altro anonimo è quella che si alza allora dietro a questa macchina permutativa che funzionerebbe oltre l'uno per uno. Il fatto che l'Altro non esista non gli impedisce d'insistere dunque come figura di una supposta "fissazione" malefica, e continuerebbe a permanere tale per quanto lo si riducesse ad un luogo anonimo. 6. Ci sono tre ideali che, per il Lacan dell "Etica...", non convengono alla Psicoanalisi: l'ideale dell'amore umano, l'ideale dell'autenticità e quello della non dipendenza o di una prevenzione dalla dipendenza. Una Scuola dell'AMP non potrebbe fondarsi su di essi. Miquel Bassols 9 dicembre 1999 *********************************************** 14 DÉCEMBRE 1999 LETTERA AI PARTICIPANTI DEL 18 DICEMBRE par Miquel Bassols Stimati colleghi, perchè il dibattito del 18 dicembre si svolga in modo soddisfacente, dato che numerosi colleghi mi hanno già manifestato il loro desiderio d'intervenire, chiedo che coloro che intendano leggere un testo nella riunione me lo inviino per e-mail entro e non oltre giovedì 16 dicembre. La lettura non dovrà superare la durata di cinque minuti, perchè la cosa migliore è il dibattito a viva voce, mentre i testi scritti potrebbero pubblicarsi in AMP-Corriere. Ascolteremo come prima cosa i discorsi dei responsabili, poi la lettura dei testi inviati, infine passeremo al dibattito vero e proprio. Se ci sono colleghi che desiderano diffondere uno o più testi scritti all'entrata della sala del convegno sono pregati d'inviarmeli ugualmente per e-mail entro e non oltre il 16 dicembre. Miquel Bassols, Presidente EEP PS. Ringrazio Erminia Macola per la sua collaborazione nella traduzione di questa lettera in italiano. *********************************************** 14 DÉCEMBRE 1999 RETTIFICA DA PARTE DEL MODERATORE AL "NB" DI ZENDRI par Riccardo Carrabino Il messaggio di Luca Zendri *Il dibattito sulla scuola*, diffuso alla lista qualche minuto fa, contiene la seguente postilla: *** NB. Questo testo è stato inviato alla lista di discussione sabato 27 mattina alle 10,30. Non è giunto ai colleghi per disguidi. Luca Zendri *** Non ritengo opportuno che tale postilla passi sotto silenzio. Pertanto: - Premesso che *eGroups.com* e' un gestore efficiente, ma tuttavia non proprio impeccabile (ho segnalato io stesso qualche disfunzione); - e premesso altresi' che io non sono un robot che pilota automaticamente la moderazione della lista, ma sono un collega che: 1) rende un servizio *estremamente oneroso* a un buon numero di colleghi della SISEP e dell'AMP; 2) rende questo servizio con tutta la puntualita' e l'accuratezza di cui e' capace (non infinite, certo, ma comunque elevate); voglio puntualizzare che il messaggio di Zendri e' giunto alla lista - e quindi a me perche' ne autorizzassi la diffusione - solamente la sera del 10 dicembre. Non escludo che Luca Zendri abbia potuto provare a inviarlo alle 10.30 del 27 novembre, ma - se e' cosi' (potro' verificare al mio rientro da Varsavia a Palermo) - certamente non ha utilizzato l'indirizzo corretto ne' mio ne' della lista. Ma c'e' di piu'. Il messaggio arrivatomi il 10 mi ha costretto a una uteriore perdita di tempo. Si trattava, infatti, di un messaggio inviato non da Zendri ma da una persona non iscritta alla lista. Mi sono guardato bene - come e' mia abitudine, perche' controllo tutti i messaggi che arrivano alla lista - dal lasciar passare un messaggio segnato da una grave irregolarita' (il processo di Parigi a un collega moderatore di AMP-Messager insegna); e ho voluto prendermi la briga - non vi ero obbligato - di scrivere a Zendri per suggerirgli delle vie d'uscita, allo scopo di diffondere un messaggio che, per altro verso, integralmente sottoscrivo e apprezzo in quanto pregevole nella sua impostazione, puntuale nel suo contenuto, meritevole di molta attenzione nel contesto dell'attuale dibattito all'interno della "SISEP nell'AMP". Si tratta di un messaggio, infatti, che verte su qualcosa che attiene al simbolico - lo Statuto del nostro essere insieme Scuola - nel reale che si veicola attraverso il sociale e la cultura (in Italia, giacche' di questo luogo si tratta) e che rischia, abitualmente, di essere relegato al livello di una cosiddetta - o supposta - squalificata produzione immaginaria. Spero che Luca Zendri non se la prenda a male per questa mia puntualizzazione; una sua maggiore precisione avrebbe lasciato certamente meno spazio al malinteso (che e' molto diverso dall'equivoco, rispetto al quale e' anche molto meno pregevole). E gli faccio presente che gli avevo suggerito anche una maniera corretta di titolare il suo e-mail; non ne ha tenuto conto, ma su questo non vado eccessivamente per il sottile. **** Sempre in tema con questo ritardo, vorrei chiedere a Luca - se gli interessava la rapidita' della diffusione del messaggio - come mai il mio invito alla rettifica procedurale, inviatogli nella notte fra il 10 e l'11 dic., ha avuto risposta solo alle 22:53 del 13 dic. In relazione a questo ritardo, infine, alle 22:25 di stasera - anzi di ieri sera, visto che e' gia' l'1:35 - mi e' stato inviato un messaggio molto corretto da un collega che mi scrive: "Scusami se ti disturbo. So per certo che Zendri e XY [una collega] hanno inviato un testo a amp-corriere sabato e non è ancora apparso. Ne sai qualcosa?" Certo che ne so qualcosa. Anche per la collega XY ho impiegato una parte del mio tempo per spiegarle come procedere per un invio corretto. Ma la collega non mi ha ancora reinviato il suo messaggio nella forma corretta. Certo, ci si potrebbe chiedere perche' "perdo" tempo a scrivere ai colleghi, per dire come devono procedere per inviare correttamente i loro messaggi, proprio in un momento in cui il lavoro di moderazione della lista supera l'immaginabile. Il quesito non mi sorprende e una risposta io ce l'ho. Ed e' proprio la risposta che mi ha guidato nell'accettare l'onere di organizzare, mettere su e far funzionare la lista AMP-Corriere nell'anno e mezzo gia' trascorso da quando Jacques-Alain Miller me ne ha incaricato durante la Conversazione di Roma del 20 giugno 98, e che mi ha indotto altresi' a dichiarare che accetto di continuare ad occuparmene sino a luglio, cioe' sino al completamento del biennio per la rotazione. Un caro saluto ai Colleghi tutti, attenti e meno attenti. Riccardo Carrabino PS - Al momento di inviare quest'e-mail ho trovato un grazioso e-mail di Zendri. Quest'e-mail conferma senza ombra di dubbio che - come ho scritto poco sopra - "una sua maggiore precisione avrebbe lasciato certamente meno spazio al malinteso". *********************************************** 14 DÉCEMBRE 1999 LETTERA AGLI AME (ADC) par Antonio Di Ciaccia Cari Colleghi, la lettera che segue è la lettera che ho inviato agli AME il 9 dicembre in risposta alla lettera inviata agli AME il giorno 8 dicembre da Jacques-Alain Miller. Mi permetto di farlo, dopo aver letto la diffusione su amp-corriere della lettera che Mario Binasco aveva inviato il 10 dicembre agli AME. Cordialmente, Antonio Di Ciaccia *** Roma, il 9 dicembre 1999. Lettera in risposta alla lettera di J.-A. Miller agli AME. Caro Jacques-Alain, è la seconda volta che lei, in qualità di Delegato generale dell'AMP, si indirizza agli AME italiani. La prima volta lei li convocò a Milano, in luglio 97, ospiti di Maria Teresa Maiocchi. La accompagnava Eric Laurent, all'epoca Presidente EEP. Mi rallegro che lei, a due riprese, si sia rivolto agli AME italiani. La prima volta, senza ombra di dubbio, qualcosa di molto importante si mise in moto, sebbene lo spunto provenisse da una crisi che aveva indotto lei a riunirci. Si trattava della messa in funzione della passe in Italia, stabilita secondo un programma e un regolamento che gli AME presenti firmarono con lei ed Eric Laurent. L'originale di questo documento - nella sua cornice - è bene in vista in una saletta dell'Istituto freudiano, luogo in cui tante volte il Consiglio della Sisep ha tenuto le sue riunioni. Quest'incontro milanese tra gli AME mi aveva lasciato l'amaro in bocca. Perché? A causa di un alone di déja vu. Questo punto riguarda la nomina come tale degli AME. Come ognuno sa, non si accede al titolo di AME che tramite una nomina. Nessuna domanda è prevista. Si tratta del solo titolo, funzione o insegna che Lacan abbia messo fuori della domanda. Cosa che già all'epoca mi aveva sconcertato. Dato che la mia pratica di traduttore - certo non all'altezza - mi ha costretto a considerare che mai nulla in Lacan è lasciato al caso, sono stato sovente indotto a interrogarmi su questo punto: la mancanza di domanda circa la nomina al titolo di AME. Mi si dirà che il perché è chiarito da Lacan stesso tramite quel che vuol dire il titolo in questione: esso indica "una garanzia di formazione sufficiente", come si esprime Lacan nella prima versione della "Proposta di ottobre" (cfr. La Psicoanalisi, n. 15, p. 12). Ma quel che ne ho dedotto dal seguito (cfr. Ibidem, p. 26) è che l'AME non può assolutamente accontentarsi di essere AME - indicato da Lacan con S(A) - poiché questa sigla è come lo stemma iscritto sulla facciata di un palazzo. Dall'AME ci si attende che dietro la facciata vi sia un tesoro, un tesoro prodotto da un suo atto, tesoro che ha come sigla S(A barrato) - un AE. A mio avviso, tutto questo vuol dire una semplice cosa. Vuol dire che mentre i membri della Scuola possono tranquillamente navigare come possono - a volte, se non spesso, spinti dal vento del fantasma - all'AME viene richiesto, a causa di una nomina che non aveva perorato, un atto. Un atto che è una scelta: con la psicoanalisi o contro la psicoanalisi. L'AME non può essere qui e là. Non può far finta di far credere di essere dietro la facciata, pensando di cavarsela solo facendo capolino di tanto in tanto. Senza questa scelta, all'AME si applica il terribile detto biblico. "So le tue opere. Che non sei né freddo né caldo. Fossi tu freddo o caldo! Così, poiché sei tiepido, cioè né caldo né freddo, io ti vomiterò dalla mia bocca" (Apocalisse, 3, 15-16). Spesso ho constatato questa maledizione all'opera laddove gli AME avevano mancato il tempo della scelta. Quante volte mi son chiesto dove fossero finiti gli amici di un tempo, quelli con cui facevamo il viaggio a rue de Lille, quelli con cui avevamo rotto con l'Ecole Belge de Psychanalyse, quelli con cui avevamo iniziato les Conférences du Champ freudien au Vieux Saint Martin. Ho avuto l'occasione di rivederne uno - il più caro - pochi mesi orsono, in un Paese lontano. Purtroppo è rimasto fissato a un tempo che non c'è più: ormai statua di sale, per sempre. Per gli AME italiani è arrivato, anche per loro, il tempo della scelta. Quello vero. Cordialmente, Antonio *********************************************** 14 DÉCEMBRE 1999 NOTE SUR *HOPITAL DE JOUR* par Eric Laurent Dans son texte d'AMP-Corriere paru hier matin, Mario Binasco écrit à propos de la lettre à Rosy : " Le frasi che Maiocchi richiamava (quella sull'essere condannati a lavorare insieme/inferno e quella sull'hopital de jour) non erano sue, come lei stessa avvertiva, ma di nostri colleghi responsabili ai massimi livelli ". " Massimi livelli " ? Le mot d'*hôpital de jour* est de moi. Il m'est venu dans un contexte précis, pour souligner l'une des fonctions de l'Ecole. C'était lors d'une bonne réunion de travail que j'ai eue en juin dernier avec des collègues italiens, dont certains soutenaient qu'il ne fallait pas admettre comme membres d'une Ecole des sujets quand, dans leur cure, il n'y avait eu analyse, selon eux, mais seulement psychothérapie, seulement des effets thérapeutiques, et si ces sujets n'étaient pas suffisamment guéri de leur névrose. C'est très évidemment le contexte auquel fait référence la phrase de Maria Teresa qui suit la mention de *hôpital de jour* : * Qualcuno di recente identificava la Scuola con un "hopital de jour". Ecco, appunto: ci sono dei rischi nelle psicoterapie, specialmente psicoanalitiche.* J'en vins à souligner que, quels que fussent les restes symptomatiques évoqués, l'Ecole avait aussi, pour des sujets ayant une relation authentique à la psychanalyse, une fonction d'accueil, celle d'un *hôpital de jour*. Je pense en effet que les restes symptomatiques ne sont pas choses rares, et que l'on ne peut en faire un critère d'exclusion : l'Ecole les accueille, leur donne asile, elle est aussi faite pour ça. Je ne pouvais m'empêcher d'entendre cet échange de propos sur le fond d'une précédente réunion de travail à Milan, au cours de laquelle certains de nos collègues avaient reproché à un autre de les *disqualifier*. Il me semblait que la discussion était prétexte à lui rendre la pareille, en lui imputant de ne faire que des psychothérapies. La lettre de Maria-Teresa aux AME en date du 10 décembre se conclut sur le même point : quelqu'un aurait parlé de *l'absence du désir de l'analyste* à Milan, et des conséquences funestes en auraient découlé. Il y a donc là quelque chose qui ne cesse pas d'insister, une dés-autorisation réciproque. Nous pourrions aborder maintenant ce thème, pour voir si ce différend peut être résolu, ou s'il ne le peut pas. *********************************************** 14 DÉCEMBRE 1999 GLI STATUTI par Cristina Rossetto Per un disguido tecnico mi risulta non inviato questo e-mail di sabato scorso; provvedo dunque a un ulteriore invio. Cristina Rossetto Cari colleghi, senza prescindere dalla portata teorica e dalla intensità emotiva emersa in questo ultimo periodo nel dibattito in corso e rispetto alla quale vorrei intervenire a titolo personale e a viva voce nella prossima assemblea del 18 dicembre, mi limiterò in quanto Segretaria di Roma a riferire il resoconto del lavoro che stiamo facendo sulle bozze degli Statuti. Nell'ambito degli incontri della Segreteria che sono stati dedicati a partire dallo scorso anno, alla questione della Scuola, dopo esserci interrogati su cosa volesse dire: "Una Scuola secondo Lacan", ci siamo proposti, nella ripresa dopo l'estate, di lavorare in modo più preciso sui modi nei quali la posizione etica che avevamo individuato come fondante rispetto a questo progetto, si traduca in punti concreti. E' in questo senso che, con Lacan, pensiamo l' "atto" di fondazione. La riunione del 23 novembre scorso ha dunque aperto la nostra discussione a partire dalla lettura sistematica della Bozza di Statuto della Scuola Italiana di Psicoanalisi pubblicata su Appunti n.67, mettendola a confronto con gli Statuti di altre Scuole dell'AMP, soprattutto delle più recenti. Gli elementi cruciali che sono emersi nel nostro dibattito, che sarà ripreso il prossimo 14 dicembre, riguardano per ora, i seguenti punti: - la composizione e la durata del Consiglio - la composizione e la durata del Direttivo - la precisazione delle rispettive responsabilità del Consiglio e del Direttivo - la mancanza di un capitolo sull'incompatibilità delle cariche. Il desiderio espresso da parecchi di noi nel corso della riunione, è che si eviti un rischio fondamentale: quello cioè, di uno Statuto che delinei una Scuola gerarchica e orientata al controllo, piuttosto che all'etica dell'atto. Saluti affettuosi e buon lavoro a tutti Cristina Rossetto Segreteria di Roma *********************************************** 14 DÉCEMBRE 1999 CONTRIBUTO CRITICO DEI COLLEGHI DELLA SEZIONE CLINICA DI PADOVA AGLI STATUTI PROPOSTI par Chiara Mangiarotti Mi faccio portavoce di quanto è emerso in una serata di discussione sugli statuti proposti per la futura Scuola in Italia che ha visto riuniti i colleghi della Sezione Clinica di Padova, prossimi a riaprire la sede della Sisep in questa città, Martin Georg Egge, Erminia Macola, Alberto Turolla e la sottoscritta. Il nostro intende essere un contributo di critica operativa e non esaustiva su alcuni punti della Bozza dello Statuto apparsa su "Appunti" N.67 elaborata anche attraverso il confronto con gli Statuti dell'EEP-ECFB. Cap. II, Art.- 1)Membri"Si può diventare Membro in due modi: a)attraverso la procedura della passe...b) per nomina su iniziativa del Consiglio...". La domanda è contemplata solo per il primo caso e non per il secondo, come sottolinea anche A. Di Ciaccia nel suo Commento. Abolire la domanda non ci sembra sia mai una bella cosa. Proponiamo perciò di adeguarci a quanto leggiamo negli statuti dell'EEP-ECFB: "Per essere ammesso alla EEP-ECFB bisogna rivolgere una domanda scritta al suo direttore". 2) Membri Corrispondenti. Qui è presa in considerazione la domanda dell'Aderente. Ma anche il Direttivo può proporre al Consiglio nomi di Aderenti e il Consiglio stesso può nominare un Aderente Membro Corrispondente. Anche in questo caso la domanda è schiacciata. Proponiamo che in ogni caso sia l'Aderente che lo desideri a domandare. Cap. III - Titoli e Garanzia, Art.14 - Commissione di Garanzia. Non troviamo menzionata alcuna incompatibilità dei membri AME che la compongono a ricoprire altri incarichi,nei Cartelli della Passe, nel Consiglio, nel Direttivo. A noi sembra invece che dovrebbero essercene. Cap. V - Le istanze di direzione, Art. 20 - Lista e poteri delle istanze di direzione, b)"Il Direttivo amministra l'Associazione...Insieme con il Consiglio, il Direttivo ha tutti i poteri per agire in nome dell'Associazione e favorire il raggiungimento dei suoi fini". Ci sembra che le funzioni del Direttivo siano piuttosto vaghe e in parte non ben specificate rispetto a quelle del Consiglio. Art.21 - Funzionamento del Consiglio. "Il Consiglio è composto da sei membri(...)Ogni due anni viene rinnovato per un terzo...".Negli statuti dell'EEP-ECFB leggiamo invece che "Il Consiglio statutario è composto da dodici membri che restano in carica per quattro anni (...) Ogni due anni escono dal Consiglio statutario sei dei suoi componenti".Vale a dire che ogni due anni viene rinnovato per la metà, raggiungendo in quattro anni la permutazione completa contro i sei anni necessari in Italia. Che gli stessi membri rimangano installati per troppo tempo in una istanza direttiva non ci sembra salutare. Proponiamo perciò di adeguarci alla proporzione permutativa dell'EEP-ECFB.Art.22 -Funzionamento del Direttivo. "Il Direttivo è composto da otto membri, scelti tra i Membri, quattro titolari e quattro aggiunti (...)Ogni due anni (...) i membri aggiunti diventano titolari". Confrontiamo questo punto con quanto avviene nell'EEP-ECFB: "I membri del Direttivo" che sono cinque "occupano le loro funzioni per due anni. (...)I componenti del Direttivo sono eletti un anno prima di assumere l'incarico. Sono invitati ad assistere alle riunioni del Direttivo, senza voce né voto, sei mesi prima di assumere l'incarico". Il metodo permutativo adottato dall'EEP-ECFB ci sembra molto più agile in quanto evita riunioni di gruppo mastodontiche in cui di fatto ogni membro, titolare o aggiunto, si trova ad avere diritto di voce e di voto per quattro anni.Nello stesso articolo degli statuti italiani è previsto inoltre: "Un delegato dell'Istituto Freudiano per la Clinica, la Terapia e la Scienza partecipa alle riunioni del Direttivo con voto consultivo". Considerata l'importanza enorme assunta dall'Istituto Freudiano in questi anni per la crescita della Scuola ci sembrerebbe molto opportuno che il delegato dell'Istituto Freudiano abbia voto pieno e non solo consultivo. Ci chiediamo anche se non sarebbe meglio che il deledato dell'Istituto Freudiano partecipasse al Consiglio invece che al Direttivo, ma per decidere su questo punto crediamo che le funzioni dell'uno e dellaltro dovrebbero essere meglio specificate. *********************************************** 14 DÉCEMBRE 1999 CHIAREZZA par Marco Focchi "In Italia all'italiana". Di questo motto Miller si fa un programma nella lettera al Presidente diffusa agli AME. Credo significhi che sta a noi decidere lo stile in cui devono essere fatte le cose. Cosa vuol dire far le cose all'italiana? Un modo un po' superato può essere quello del "trasformismo", tradizionale costume politico inaugurato da Depretis che consisteva nel governare conciliando principî disparati ed eterogenei per tenere in piedi le coalizioni di potere. Tutto si confonde con tutto, i programmi si mescolano in alchimie nebulose, non emerge nessuna linea guida, ma le cose reggono. Non credo però sia l'aspetto più interessante della nostra tradizione, e possiamo certamente fare meglio. Nel frangente attuale, sopratutto, ritengo occorra chiarezza, ritengo occorrano decisioni senza equivoci, che non permettano di tenere i piedi in due scarpe. Stiamo andando verso una direzione nuova, e il dibattito di ieri sera a Milano, coordinato da Recalcati per la SN e da me per il CN, ha permesso di chiarirne alcuni punti. Innanzi tutto la "sprovincializzazione", che prendo semplicemente nel senso di "apertura": la prospettiva della Scuola dovrà essere inserita in un contesto più ampio, che ci porti fuori dall'orizzonte limitato del "tra noi". Nel quadro concettuale del "tra noi" tutte le alchimie e i trasformismi erano possibili. Ma le stesse persone e le stesse istanze, immerse nel flusso di una conversazione che traversa e apre i confini del "tra noi", assumono necessariamente un senso diverso. Noi siamo gli stessi, ma non siamo più "tra noi" e quindi, anche, non siamo più gli stessi. Nel "tra noi" l'istituzione può funzionare semplicemente come difesa rispetto a quella posizione desiderante a cui si riferiva Dominique Laurent nel suo intervento, e che fa legame sociale e scuola. Ma se il quadro cambia, l'istituzione è soltanto, per così dire, l'hardware che permette alla conversazione di girare, di svolgersi. L'istituzione non è più, così, il feticcio creatore di posti, ma uno strumento che ci permette di parlare. Sono convinto che se vogliamo entrare in queste prospettiva - in un paesaggio diverso da quello in cui abbiamo vissuto finora, di cui forse non abbiamo ancora preso completamente le misure, ma che è glà in atto sotto i nostri occhi e che dobbiamo solo riconoscere perché parlare di psicoanalisi diventi più importante che occupare dei posti nella gerarchia - se vogliamo entrare in questa prospettiva allora dobbiamo sceglierla senza tentennamenti. Ci sono le esperienze istituzionali ad arcipelago, basate sulle relazioni di buon vicinato, sui trasformismi, e basate su una mescolanza teorica dove everything goes - nella storia del movimento lacaniano ne abbiamo conosciute a bizzeffe - e c'è l'esperienza unica che noi stiamo facendo, basata sulla dissimmetria, orientata in un senso preciso e dove non può essere che tutto vada bene. Questi due tipi di esperienze istituzionali non sono poli di una mediazione dialettica, sono termini incompatibili, bisogna stare o di qua o di là, salvo ricadere nel trasformismo deteriore. Sono assolutamente convinto che in questo momento per noi fare le cose all'italiana voglia dire farle senza esitazioni e con una fantasia ereditata dal Rinascimento più che attraverso i dubbi cocktail postridentini. Mi sono permesso di riprendere con una certa libertà alcuni temi toccati ieri nel dibattito milanese, a mio avviso di grande interesse e in cui ho sentito aria nuova. Ieri ho avuto la percezione, e credo l'abbiano avuta anche gli altri partecipanti, di un carico tolto dalle spalle, di sollievo dal peso di un passato paludoso. Il nuovo quadro, per ora solo intravisto, ma che già invoglia a scoprirlo, ad articolarlo e a entrare nel merito, ci chiede rigore, precisione, scelte chiare, e quel grano di fantasia che forse solo noi possiamo metterci. *********************************************** 14 DÉCEMBRE 1999 CITAZIONE par Maria Teresa Maiocchi Cher Jacques-Alain, rispondo subito alla domanda sulla "gioia del nostro lavoro". Si tratta di un riferimento, a mente, a un testo di Lacan, a me molto caro. Ecco per esteso la citazione: "Voilà qui signe l'entrée de tout un monde dans la voie de la ségrégation. N'est-ce pas de ce qu'il faille y répondre que nous entrevoyons maintenant pourquoi sans doute Freud s'est senti devoir réintroduire notre mesure dans l'éthique, par la jouissance? et n'est-ce pas tenter d'en agir avec vous comme avec ceux dont c'est la loi dès lors, que de vous quitter sur la quéstion: quelle joie trouvons-nous dans ce qui fait notre travail?" Jacques Lacan, Discours de cloture des Journées sur les psychoses chez l'enfant, (ott.1967), in Enfance aliénée, Paris, 10/18, 1972, p. 306. "Ecco ciò che segna l'entrata di tutto un mondo nel cammino della segregazione. Non è forse per il fatto che bisogna rispondervi, che noi intravvediamo ora perchè senza dubbio Freud si è sentito di dover rintrodurre la nostra misura nell'etica, attraverso il godimento? E non è forse tentare di agire con voi come con coloro di cui è quindi la legge, questo mio lasciarvi sull'interrogativo: che gioa troviamo in ciò che fa il nostro lavoro?" Jacques LACAN, Sul bambino psicotico, trad.it. di A.DiCiaccia, in "La psicoanalisi", n.1, apr.1987, p.20 Non ridicolizzo affatto né rimprovero questa "gioia", ma al contrario la invoco come tensione essenziale al lavoro del gruppo nella Scuola. *********************************************** 15 DÉCEMBRE 1999 NOTE SUR *LA JOIE DE NOTRE TRAVAIL* par Judith Miller Ce mot de Jacques Lacan, « la joie », relié au travail, a inspiré le titre de la Journée du Cereda du 11 janvier 1998, « L'enfant et ses joies ». Dans son introduction, Jean-Pierre Rouillon a repris la question : « Quelle joie trouvons-nous dans notre travail ? ». Dans le contexte de la lettre de M. T. Maiocchi, l'expression « la joie de notre travail » est employée avec une valeur péjorative, comme marquant que le Champ freudien est aux mains de l'Autre groupal, qui diffuse par Internet des slogans aussi ridicules que « la joie de notre travail ». Je n'ai pas voulu imputer à M.T. Maiocchi d'être allée chercher chez Jacques Lacan une expression présentée comme répréhensible. J'ai pensé qu'elle l'avait trouvée dans un Communiqué de moi, ou du Cereda, ou encore dans quelque chose que j'avais écrit ou dit à un moment de la crise de l'année 1998 à l'ECF. M.T. Maiocchi nous explique maintenant que, pas du tout, tout le monde avait mal lu, qu'elle avait fait dans sa lettre un emploi laudatif et non pas péjoratif de cette expression, qui est de Lacan et qu'elle adore. C'est invraisemblable. Je cite le contexte, tel qu'il a été traduit en français avec l'aide de plusieurs italiens et italophones : « C'est l'enfer sartrien, où l'autre que l'on doit respecter devient celui qu'il faut éliminer. Effets de groupe l'emportant sur les effets de discours, Lacan nous en avait averti. De quel Autre croyons-nous avoir choisi la voie, quand nous nous communiquons - y compris via Internet - "la joie de notre travail" ? » C'est clair : M.T. Maiocchi reproche au Champ freudien d'avoir utilisé cette expression. Le fait qu'elle n'amène pas d'autre référence à l'appui que le passage de Lacan, est destiné à brouiller les cartes un peu plus. Je dis qu'il est sûr qu'elle avait une autre référence quand elle a écrit cette phrase, qui mentionne Internet. Ces histoires, ce n'est pas pour moi la joie du travail. Paris, le 15 décembre 1999, à 10h00 CITATION PLUS COMPLÉTE DU PASSAGE « L'Autre groupal devient alors une chambre insonorisée qui soustrait à la parole de chacun sa résonance de vérité, instance toute fictive, pure machine de transfert où tout peut se dire car nous sommes chacun tous et personne à la fois, enfants généralisés, enfants de Spitz, dont le syndrome d'hospitalisme répond à la jouissance de l'Autre, lequel, bien que n'existant pas, délivre tout de même ses prescriptions : "condamnés à vivre ensemble", comme le disait quelqu'un naguère. C'est l'enfer sartrien, où l'autre que l'on doit respecter devient celui qu'il faut éliminer. Effets de groupe l'emportant sur les effets de discours, Lacan nous en avait averti. De quel Autre croyons-nous avoir choisi la voie, quand nous nous communiquons - y compris via Internet - "la joie de notre travail" ? » TEXTE ORIGINAL « Quale Altro ci sembra di aver imboccato nei modi in cui ci diciamo -anche via internet- "la gioia del nostro lavoro"? » *********************************************** 15 DÉCEMBRE 1999 COMMENTO 2A PARTE par Antonio Di Ciaccia Cari Colleghi, vi invio la seconda parte del mio Commento al Progetto statutario. Cordialmente, Antonio Di Ciaccia CAP V - LE ISTANZE DI DIREZIONE ART. 20 - LISTA E POTERI DELLE ISTANZE DI DIREZIONE Alla lettera a) viene annunciata ancora una nuova categoria: i Lettori. Sempre alla lettera a) si dice che il Consiglio può dare delega nei rapporti con le istituzioni pubbliche. Questo è in contrasto con quanto scritto alla lettera b) "Il Direttivo amministra l'Associazione, che è rappresentata dal Direttore". Si tratta di un punto chiave da chiarire: chi rappresenta legalmente l'Associazione? Il Direttore? Allora il Consiglio non può delegare nei confronti delle istituzioni pubbliche. Se il Consiglio può delegare, allora il Direttore non rappresenta l'Associazione. Sarebbe meglio, come in altre Scuole - per es. ECF, ECFB - che chi rappresenta legalmente l'Associazione sia il Consiglio, tramite il Presidente del Consiglio, che è quindi il Presidente dell'Associazione. Mentre chi amministra è il Direttore. Se si mantiene il Progetto così com'è, potrebbe succedere che il Direttore (legalmente responsabile) si trovi in obbligo di ottemperare alle indicazioni del Consiglio (non legalmente responsabile) in azioni che implichino la sua responsabilità civile e penale. ART. 21 - FUNZIONAMENTO DEL CONSIGLIO Articolo completamente da cambiare. Riprendere le indicazioni di J.-A. Miller all'ECFB. Non, come nel Progetto, 6 membri più un delegato EEP e più un delegato AMP, con membri per metà nominati dall'AMP e per metà eletti dall'Asseblea e che permutano ogni due anni per un terzo. Ma, come propone J.-A. Miller: "Eleccion del Consejo: la lista de los candidatos sera sometida a la Asamblea; cada miembro de la Asamblea potra escoger hasta seis nombres en la lista. Despues, se comunicara la designacion de dos miembros del Consejo de la Escuela por la AMP. Los seis miembros elegidos por la Asamblea y los dos miembros designados por la AMP se reuniran para elegir cuatro miembros mas, llegando asi a la cifra de doce miembros del Consejo. Despues de dos anos, saldran seis miembros elegido al azar y se aplicaran las dispositiones habituales". Seguendo ECFB ogni due anni escono 6 membri del Consiglio. Per rimpiazzarli, 3 vengono eletti dall'Assemblea, 2 sono eletti dai 9 membri (i 6 restanti nel Consiglio e i 3 eletti dall'Assemblea) e 1 è eletto dall'AMP. Quindi al massimo si potrà restare nel Consiglio solo 4 anni, come del resto in tutte le altre Scuole. Nel Progetto invece ogni membro resta nel Consiglio 6 anni. Se poi un membro uscente è nominato delegato EEP e poi ancora delegato AMP, potrebbe restare nel Consiglio 10 anni. Si potrebbe obiettare che 12 membri per il Consiglio - come in ECF, in ECFB... - siano troppi per un'Associazione composta, in realtà, di soli 42 membri. Certo, bisognerà risolvere due problemi: da una parte rendere progressivo il numero dei membri del Consiglio rispetto al numero reale dei membri dell'Associazione e, dall'altra, chiarire il valore e la posizione di tutti gli altri membri dell'Associazione. ART. 22 - FUNZIONAMENTO DEL DIRETTIVO Per l'elezione dei membri del Direttivo, meglio riprendere le indicazioni di J.-A. Miller per ECFB: "Los dos candidatos que hayan recibido mas votos en la primera vuelta desempataran en una segunda vuelta. Eleccion de cuatro Segretarios integrantes del Directorio: se puede presentar la candidatura a la vez como Director y como miembros del Directorio. Cada miembro de la Asamblea puede escoger hasta cuatro nombres en esta lista de candidatos". Altro punto importante: nel Progetto si rimane nel Direttivo per 4 anni (per 2 anni come aggiunti e 2 anni come titolari). Ormai dappertutto altrove si rimane solo 2 anni. Leggiamo in ECFB: "Los miembros del Directorio ocupan sus funciones durante dos anos. (...) Los componentes del Directorio son elegidos un ano antes de su toma de posesion. Son invitados a asistir a las reuniones del Directorio, sin voz ni voto, seis meses antes de su toma de posesion". Inoltre, nel Progetto è dato per scontato quali siano le funzioni del Direttivo. Sarebbe utile invece precisarle, una per una, come in ECFB. Leggo: "Un delegato dell'Istituto freudiano (...) partecipa alle riunioni del Direttivo (...)". E perché no un delegato del Politecnico di Pisa? Chiariamo: il Progetto concerne un'Associazione di diritto italiano; l'Istituto freudiano è un'altra Associazione di diritto italiano, con i suoi Statuti e le sue istanze. So, pertinentemente, che nessuna richiesta è giunta da parte di un'Associazione (la Sisep) all'altra (l'Istituto freudiano) circa tale delegazione. Mi si dirà che negli Statuti della Sisep figurava già una tale delegazione. Appunto. E gli estensori dello Statuto non si son posti il perché? Il perché è semplice da capire: basta un po' di storia. L'Istituto freudiano fu istituito, come Associazione di diritto italiano, su decisione di J.-A. Miller, il 14 settembre 1990. La Scuola fu costituita da J.-A. Miller il 2 dicembre 1990. Ma il Gisep fu istituito in Associazione solo il 20 maggio 1992 con atto "privato", quindi non presso notaio, atto registrato presso l'Ufficio del Registro Atti Privati di Roma il 3 giugno 1992. Solo nel 1995, quando il Gisep si è trasformato in Sisep, l'Associazione è stata costituita con atto notarile presso il notaio Bassetti di Torino. Per qualche tempo, dunque, l'Istituto freudiano ha coperto, legalmente e fiscalmente, il Gisep. Noterete questo nella stranezza lasciata come traccia anche nella Sisep: l'anno societario comincia il 1 settembre (per questo le quote Associative della Sisep vi son richieste solo dopo tale data), proprio come l'Istituto freudiano, che segue l'anno accademico. ART. 23 - COMITATI LOCALI DEL CONSIGLIO Che vuol dire che il Consiglio "se opportuno (...) può istituire delle Delegazioni locali composte da Membri con funzioni locali di vigilanza (...) sul rispetto degli Statuti e sul corretto funzionamento delle istanze locali..."? Francamente, mi lascia allibito. Mi direte che l'articolo era già presente negli Statuti Sisep. Sì, ma con un riferimento specifico e diretto all'EEP, e cioè a una istanza terza. Comunque, a mia conoscenza, i Comitati locali non esistono in nessuna Scuola. Anche qui un po' di storia: la presenza di delegati del Consiglio è stata resa obbligatoria nella Sezione italiana a causa di situazioni specifiche. Comunque l'utilizzo di tali delegazioni - cfr. a Milano e in Canton Ticino - non dovrebbe indurre a riproporle. ART. 24 - FUNZIONAMENTO DELLE SEGRETERIE DI CITTA. Anche qui le istanze locali non dovrebbero rimanere in carica 4 anni (2+2), ma solo 2. ART. 25 - COMITATO DELL'AMP. Cambiare tutto l'articolo, come in ECFB: " El Comite de l'AMP esta compuesto por el Presidente y los Miembros del Consejo de Administration vigentes de la AMP. Puede intervenir como instancia de mediacion si es necessario o como instancia de decision en caso de bloqueo de la Asamblea o del Consejo. Por exception de los articulos (...) tiene el poder de convocar la Asamblea in sesion extraordinaria". E' da notare che il Progetto non dà diritto all'AMP di intervenire che su richiesta del Direttivo o del Consiglio o ancora di due decimi degli associati membri (quali?). Inoltre, questo Comitato è lo stesso di quello di cui si parla all'art. 20 "Comitato del Campo freudiano"? Se si, usare lo stesso termine. Altrimenti: specificare. Se ci si attiene al Progetto, si legge: "Il Comitato è composto da persone giuridiche e da Membri onorari designati dal Delegato generale dell'AMP". Le persone giuridiche sono membri onorari? Specificare. Per quanto riguarda i membri onorari, si tratta dei "membri onorari" dell'art. 6? Se sì, c'è contraddizione perché in questo articolo sono designati dal delegato generale dell'AMP, mentre nell'art. 6 sono "ammessi dal Consiglio", seppur "previo accordi con l'AMP". Comunque in questo articolo si affronta un punto cruciale: l'AMP (di cui facciamo parte e in cui siamo rappresentati) può, oppure no, intervenire di propria iniziativa? A mio parere, si tratta di una questione discriminante se si vuol sapere se la Scuola che stiamo preparando è effettivamente una Scuola "dell'" AMP oppure qualche altra cosa (per esempio una Scuola alleata con l'AMP e che potrebbe eventualemente rompere l'alleanza). Personalmente ritengo che una Scuola italiana sarà suscettibile di sviluppo solo se sarà una Scuola "dell'" AMP. In caso contrario essa si autodistruggerà in un batter d'occhio. Del resto, nell'AMP esistono solo Scuole "dell'" AMP, non c'è nessuna Scuola che vi faccia parte senza farvi parte, o giusto un pochettino. Evidemmente, l'ECF, che esisteva "prima" dell'AMP, non ha gli stessi Statuti delle Scuole venute dopo. Ho posto la questione al Delegato generale dell'AMP, il quale mi ha risposto che effettivamente potrebbe accadere che, con la Scuola Una, si rivedano gli statuti delle Scuole. ART. 26 - LA SIP NEL QUADRO FEDERATIVO DELL'EEP. Non si comprende che cosa voglia dire far parte di questa federazione. Quali sono i legami? Che diritti e doveri comportano questi legami? Ad ogni modo, cambiare l'articolo, come in ECFB: "Un representante acreditado de la EEP puede participar con voz y sin voto en las reuniones del Consejo, del Directorio y de la Asamblea de la ECFB. El Directorio de la ECFB concierta sus actividades con las de la EEP". Il Progetto prevede invece: "Nel Consiglio EEP sarà presente un delegato del Consiglio della SIP, così come nel Consiglio SIP c'è un delegato del Consiglio EEP". Colleghi ! L'asimmetria tra l'EEP e l'ECFB non è certo la simmetria prevista dal Progetto! CAP. VI - BIBLIOTECHE Il Progetto prevede ben sette articoli laddove l'ECFB ne prevede solo due. Comunque quello che è evidente è il fatto che i 7 articoli non servano per chiarire. Sarebbe bene invece fare solo un paio di articoli chiari e rinviare tutte le questioni relative alla Biblioteca e la sua gestione a un regolamento interno, come fa l'ECFB. Dettagliato com'è a questo proposito, il Progetto avrebbe ben potuto mensionare almeno una cosa: l'accordo intercorso durante la precedente presidenza della Sisep tra i due responsabili legali della Sisep e dell'Istituto freudiano per sostenere congiuntamente una Biblioteca già esistente, che ha il suo riconoscimento nell'ambito della Federazione delle Biblioteche del Campo freudiano. Questa Biblioteca, denominata Biblioteca del Campo freudiano, è situata presso la sede dell'Istituto freudiano. Poiché evidentemente l'accordo, nei modi dovuti, potrà essere precisato, cambiato o annullato tra la Scuola e l'Istituto freudiano, si ricorderà che la proprietà dei libri e del materiale è e rimane delle rispettive Associazioni con i cui fondi sono stati acquistati. ART. 32 - COMITATO SCIENTIFICO Il Progetto inserisce nel Comitato scientifico "i coordinarori delle Sezioni cliniche e delle Antenne dell'Istituto del Campo freudiano in Italia". Si tratta di un evidente abuso. Poiché, finora e fino a un cambiamento deciso dalle istanze competenti, le Sezioni cliniche e le Antenne del Campo freudiano dipendono dall'Istituto freudiano (con sede a Roma), il quale, a sua volta, è un'emanazione dell'Istituto del Campo freudiano (con sede a Parigi). Dappertutto dove sono state istituite (Francia, Belgio, Spagna ecc) le Sezioni cliniche non sono strutturalmente collegate con le rispettive Scuole - sebbene evidentemente si auspichi una reciproca collaborazione - ma sono collegate con l'Istituto del Campo freudiano. Si legge infatti in ECFB: "Relacion con el Instituto del Campo freudiano. El Directorio de la ECFB concierta sus actividades con las del Instituto del Campo freudiano, las Sectiones Clinicas del mismo (...)". Come le Scuole sono tutte collegate all'AMP, così tutte le Sezioni cliniche sono collegate all'Istituto del Campo freudiano. Ora, in Francia questo collegamento avviene tramite l'Associazione Uforca, in Italia tramite l'Associazione Istituto freudiano. *********************************************** 15 DÉCEMBRE 1999 POUR L'ECOLE ITALIENNE DANS L'AMP par Jean-Pierre Klotz A quel titre me mêler de ce débat, alors que je ne parle même pas l'italien, même sije ne cesse de me promettre de combler cette lacune ? Nous sommes tous du pays de la psychanalyse, et je suis membre du Conseil de l'AMP, ce qui pourrait suffire. Mais j'étais aussi il y a moins d'un mois à Palerme, en mai au Convegno de Bologne, d'autres fois à Milan, Rome ou Turin. Ce qui se fait en Italie m'importe. On m'y a souvent parlé d'un Autre italien, qui à la fois n'existe pas et existe trop. Il serait en somme duplice, il rendrait compte de ce que ce pays aurait d'ingouvernable et pourtant de tellement civilisé. Cela s'y arrange toujours à condition de respecter des autonomies, des équilibres raffinés, des agencements aussi divers qu'implicites. J'ai suivi de loin, comme j'ai pu, le cheminement vers l'École italienne, m'en réjouissant dans la mesure où elle allait assurer davantage le lien avec l'AMP, avec ce qui s'y déroule par exemple dans les temps actuels comme débat vers l'École-une. Cela ne va pas dans le sens d'italianiser l'École italienne, sinon avec la contrepartie de son "AMPisation", si j'ose dire. Non pas recentrage sur la botte, elle-même si peu centrée, mais "extimisation", participation accrue à son "extérieur",à l'orientation de l'AMP. Il y eut la "Lettre à Rosy", les réactions qu'elle déclencha, et il y a le Dibattito. Tout ceci permet de mettre une fois de plus en avant l'orientation lacanienne, comme jadis, comme hier, à condition de savoir extraire des enjeux majeurs à partir de propos apparemment anodins, de préoccupations locales, de remarques ponctuelles qui, curieusement, en rappellent d'autres, formulées antérieurement, en d'autres lieux. Récurrences!...On y parle toujours de secouer des tutelles, de dénoncer des oppressions - potentielles, certes, qui pourraient s'exercer, dont il faut veiller à se prémunir - mais ce n'est jamais ce que l'autre croit, les protestations d'innocence fusent. On en apprend toujours beaucoup si on y consent, sur la psychanalyse, sur les impasses qu'elle peut forger dans ce qui s'en produit sur la scène collective. Je suis partisan ferme, pour l'AMP, en lien avec son orientation largement soutenue à Barcelone, de la création de l'École italienne. Il serait dommage qu'elle ne se fasse pas. Il faut seulement qu'elle soit possible, qu'il n'y ait pas de double jeu, que nos collègues italiens ne se perdent pas dans des voies sans issues. Cette École est attendue depuis si longtemps!...Je regrette vraiment de ne pouvoir être à Milan samedi, étant à Londres, mais je serai de coeur avec ceux qui la veulent vraiment. *********************************************** 15 DÉCEMBRE 1999 LA SOLUTION ECOLE par Marie-Hélène Brousse Le débat ouvert en Italie sur l'Ecole intéresse à des titres divers les membres des Ecoles de l'AMP : au titre d'une réflexion sur la singularité des lieux nationaux versus l'universalité du concept d'Ecole, et dans cette ligne la comparaison avec ce qui se passe en Espagne pour la création de l'ECFB est enseignante, au titre aussi de la vie des Ecoles plus anciennes, comme l'ECF, dont la sortie de crise amène à envisager l'avenir de façon inventive, mais encore au titre d'un accord à avoir sur le concept même d'Ecole que Lacan a choisi afin de donner une forme très spécifique à une communauté de travail d'analystes. La solution Ecole est en effet la résultante de la prise en compte du réel auquel donne accès une analyse, dans le lien institutionnel même. Elle implique que la fin d'une analyse ne consiste pas dans le fait de partir dans le monde avec son symptôme sous le bras ou estampillé sous la forme d'un étendard de jouissance, mais qu'on le confronte plutôt dans le lien social avec ceux des autres dans la perspective de la cause du sujet. C'est donc une solution exigeante, devant laquelle Jacques-Alain Miller n'a jamais reculé tout au long du travail institutionnel qui a amené la production des autres Ecoles après l'ECF et dont la mise en route de l'entrée par la passe après la question de Madrid a renforcé le tranchant que la routinisation menaçait. Lacan n'a pas proposé le concept d'association, ni de groupe, ni de cercle, ni de club, ni d'amicale, ni de syndicat. Il a fait la proposition d'école. Une Ecole implique un enseignement et une discipline, au sens des Ecoles de l'Antiquité et non une école avec le sens de scolarisation obligatoire que le 19ème siècle et Jules Ferry lui ont donné dans la France de la troisième République. Il y a dans ce concept d'Ecole une exigence de rigueur, de démontrabilité, bref de lisibilité dans les énoncés comme dans l'énonciation qui n'épargne les susceptibilités et les positions institutionnelles de personne, mais aussi une absence du binaire semblable dissemblable qui fait les délices du nouvel esprit démocratique, quand celui-ci pense à la différence comme à un paradis des jouissances aussi intouchables qu'étanches. A ce paradis, on donne le nom de l'Autre-qui-n'existe pas. En effet il n'existe pas. L'Ecole, elle, est en voie d'exister en Italie et est la condition de la recherche en psychanalyse, telle que la passe le démontre déjà. On comprend que cette solution Ecole comme cette méthode ait de quoi déplaire. Disons-le : c'est le concept lacanien d'Ecole qui est pour certains cet Autre méchant par son excès de présence, c'est le concept d'Ecole, tel que Lacan l'a défini qui n'est pas accepté et auquel on préfère d'autres solutions, moins exigeantes de l'ego. La crise, ,comme ce qui l'a suivi, l'a montré. Pourquoi pas ? Mais dans ce cas il faut en déduire la conséquence. Ce n'est pas d'une Ecole que l'on veut, mais peut-être en effet d'un ermitage où se célèbrera le mystère silencieux du féminin ou encore d'un archipel où les plaisirs de la navigation solitaire se joindront à ceux des abordages. Le moment de créer une Ecole est celui d'un acte, acte à effectuer un par un, et on ne peut donc que se réjouir d'un débat comme celui auquel nous assistons et prenons part, débat qui a permis à chacun de comprendre les enjeux comme sa propre position pour se situer dans une circonstance qui, en Italie, est historique. *********************************************** 15 DÉCEMBRE 1999 PIU NESSUN DOPPIO GIOCO par Maurizio Mazzotti Riprendo l'invito indirizzatoci da mario Binasco nel suo intervento, appena comparso nel dibattito in corso, di usare ciascuno la propria testa e soprattutto la propria facoltà di giudizio, come egli dice. E' proprio usando la mia facoltà di giudizio che sono giunto alla conclusione che è assolutamente necessario prendere posizione di fronte a quello che si riconosce esplicitamente nel suo intervento, cioè il tentativo di farci intendere che la *lettera a Rosy* è una semplice reazione indignata all'intemperanza di una collega e tutto quello che invece è apparso nei suoi enunciati e nella sua enunciazione e nel modo stesso di rivolgersi al suo interlocutore è frutto di un semplice qui pro quo. Non posso accettare da un collega che, come lettore, mi creda così confuso e così inesperto dal non vedere quello che si è mostrato chiaramente in questa lettera a Rosy, un quadro che dipinge la Sisep come una sorta di terra desolata, senza alcuna verità, abitata da inetti, dove niente può più dirsi che valga la pena di essere detto, etc... Come si fa a pensare che si possa ancora accettare ora, e dopo la lettera a Lucrezia di JAM, l'interpretazione riproposta da Binasco che mira a mascherare il senso etico e politico della lettera di M.T.Maiocchi che, occurre pur dirlo per dovere di chiarezza in questo stesso dibattito, ha ammesso, in altra sede, in una lettera diffusa agli AME, di aver accettato attualmente una collaborazione di lavoro in attività collegate ai Forum! E questo non mi sembra un particolare da niente per situare meglio il posto in cui questa lettera ritrova la sua enunciazione. Dopo tutto quello che i promotori dei Forum hanno fatto succedere prima, durante e dopo Barcellona, in termini di violenza invettiva, attacchi personali, politica apertamente a favore della dissoluzione dell'AMP, e in ultimo anche il ricorso al giudice penale. Tutto questo si è iscritto e si inscrive a letter cubitali in aperta, manifesta opposizione all'AMP e alle Scuole dell'AMP. Nella lettera di Binasco vedo dunque all'opera il tentativo di ritrattazione, del resto inverosimile, di semplici verità, e cioè che abbiamo assistito al venire in primo piano di una politica che non possiamo accettare all'interno della Sisep, dopo poi che l'abbiamo stigmatizzata in documenti ufficiali (nel periodo di Barcellona) per l'insieme dell'AMP! Se accettassimo tutto qesto si chiamerebbe doppio gioco, e non è certo ciò che ci insegna a praticare l'etica della psicoanalisi e, io penso, e con me credo lo pensino molti altri colleghi, che non è certo ciò che dobbiamo far avanzare all'interno della nostra comunità di lavoro se vogliamo indirizzarci verso la Scuola italiana dell'AMP *********************************************** 15 DÉCEMBRE 1999 LA SCUOLA CHE DESIDERO par Martin Georg Egge Quale Scuola? Scuola di chi? Scuola per chi? Leggendo gli statuti proposti mi sono chiesto quali siano state le impasses presenti nella SISEP e in che modo gli statuti proposti le riflettano e rischino di perpetuarle. Senza pretendere di fare un'analisi esauriente, vorrei elencarne alcune. Ci si lamenta che l'Istituto Freudiano abbia sottratto "sangue" e linfa vitale alla Scuola, a favore del lavoro in estensione e a scapito dell'intensione. Sebbene le Sezioni cliniche sembrino molto soddisfatte del numero degli aderenti, questo lavoro in estensione non ha portato però - prima che la passe all'entrata fosse messa in moto - ad un aumento di membri ma addirittura ad una loro diminuzione! Mi chiedo perché. Come si diventa membri secondo gli statuti proposti? L'articolo 6 recita che lo si diventa attraverso la passe oppure per "nomina su iniziativa del Consiglio della Scuola, approvata dal Consiglio AMP". Perché non è prevista la domanda del soggetto? Per diventare membro corrispondente, l'Aderente può domandare ma può anche essere nominato senza chiederlo. Perché uno puo essere nominato dal Consiglio senza averlo domandato? Come ci si può dimenticare che anticipare un desiderio vuol dire soffocarlo sul nascere? Gli statuti su cui la Scuola si vuole fondare seguono allora una logica del desiderio o obbediscono ad una legge svuotata dal desiderio, ad una pura logica del discorso del padrone? Per questo mi preoccupa che le permutazioni nel Consiglio, nel Direttivo e nella Commissione di garanzia siano pensate in modo tale da consolidare per molti anni in queste funzioni un certo numero di persone. Questo non vuole dire che la SISEP in Italia finora non abbia funzionato. Anzi devo essere grato a questa istituzione, oltre che al mio analista Antonio Di Ciaccia al quale non a caso ho domandato molti anni fa un'analisi; l'ho chiesta a lui per il "significante qualunque" - di aver fondato l'Antenne 110 e lavorato per tanti anni con bambini psicotici. "Significante qualunque" sì, per quanto riguarda la mia analisi, significante significativo invece, come retroattivamente si è rivelato aver avuto tutto il suo peso nella mia scelta di fondare l'"Antenna 112" a Venezia. Ma non credo che sarei giunto a realizzare il mio desiderio se dietro il mio analista non ci fosse stata l'AMP, se non ci fossero state istituzioni come l'Ecole de la Cause freudienne, l'EEP, la SISEP e tutto un gruppo di centinaia di persone (vedi RI3 a Lille) che lavorano nello stesso ambito con entusiasmo e serietà, se non ci fossero stati J.A.Miller, E.Laurent e persone particolarmente attive a a livello istituzionale rispetto al lavoro con gli psicotici, per nominarne alcune, A. Zenoni, F. Biagi e soprattutto l' attuale direttore del'Antenne 110 di Bruxelles Virginio Baio e i suoi operatori. Spero che la Scuola che vogliamo abbia come fondamento una macchina simbolica, cioè i nostri statuti, che non rispecchi una logica del minuetto, come l'ha chiamata G.Tonelli, logica che funziona soltanto quando il numero dei participanti rimane sempre uguale, altrimenti la danza non funziona più - ma che risponda invece ad una logica psicoanalitica, che metta il soggetto al lavoro, che miri a far emergere il desiderio di partecipare attivamente alla Scuola e lo sostenga. J. Lacan nella "Proposta del 9 ottobre 1967" specifica che soltanto la nomina degli AME spetta alla Scuola. Logica vuole che tutte le altre nomine avvengano su domanda del soggetto! Mi auguro che questa sia anche la logica degli statuti della Scuola in Italia.