La conversazione di Firenze

Comunicato del 21 febbraio 2000

Resoconto della prima Conversazione della Scuola italiana in formazione

 




Comunicato del 21 febbraio 2000

La Conversazione di Firenze, la prima della Scuola italiana in formazione
sotto l'egida dell'AMP, si è svolta il 19 e il 20 febbraio in un'ottima
atmosfera, amichevole e costruttiva, con l'attiva partecipazione di Gennie
Lemoine. La Conversazione era stata organizzata da A. Di Ciaccia e da P.
Kantzas. Sono state elaborate diverse decisioni. Il prossimo appuntamento
per continuare il processo di formazione sarà a Torino nel mese di maggio
prossimo. Qui di seguito viene dato un riassunto dei risultati più
importanti della Conversazione.

1. - Domande di adesione alla nuova Scuola: è stato deciso di accogliere
immediatamente le prime domande, che hanno raggiunto la cifra di 108. La
risposta sarà trasmessa dal Delegato generale dopo consultazioni. Le nuove
domande potranno essere date personalmente al Delegato generale a Bologna o
a Torino. Le domande saranno ricevute direttamente dall'AMP fino al  31
dicembre 2001.

2. - Si è giunti a un accordo sul nome della Scuola: SCUOLA LACANIANA DI
PSICOANALISI DEL CAMPO FREUDIANO.

3. - L'Associazione sarà legalmente registrata il più rapidamente possibile
con Statuti minimi. Il direttivo provvisorio è composto da M. Mazzotti,
presidente; M. Recalcati, segretario; M. Daubresse, tesoriere; assessori: M.
Bassols, E. Lemoine-Luccioni, J.-A. Miller.

4. - La seconda Conversazione della Scuola lacaniana si svolgerà a Torino il
prossimo 20 maggio. In particolare saranno discusse le seguenti questioni:
la creazione del *Centro italiano di ricerca istituzionale specializzata*
(CIRIS) affiliata alla Fondation du Champ freudien e che darà una forma
rinnovata ai Gruppi del Campo freudiano attualmente attivi; la politica
editoriale; l'eventuale rinascita di *Agalma* come rivista della Scuola; la
posizione della Scuola rispetto alla legge Ossicini. Saranno diffusi su
AMP-Corriere dei rapporti preliminari da R.E. Manzetti e C. Viganò (CIRIS),
M. Recalcati (pubblicazioni) e E. Macola (legislazione).

5. - Il primo Congresso scientifico della Scuola che si terrà il 20 e il 21
maggio a Torino avrà per titolo: *Clinica della legge e della norma*. La
Commissione di organizzazione sarà diretta da R.E. Manzetti. I testi degli
interventi saranno pubblicati prima del Congresso, in tal modo che i lavori
si svolgeranno sotto il modo di una Conversazione. Data-limite per ricevere
i lavori tramite posta elettronica (unicamente): 31 marzo 2000.

6. - Si è convenuto che il CIRIS come l'Istituto freudiano, pur essendo
indipendenti dalla nuova Scuola, renderanno conto delle loro attività
davanti all'Assemblea generale della Scuola. D'altro canto, l'Istituto
prevede aprire una sede a Milano.

7. - Essendo terminato il ruolo storico della Sezione italiana della Scuola
europea (SISEP), si prevede di convocare una Assemblea straordinaria di
scioglimento la domenica 19 marzo prossimo a Bologna e di dividere il
patrimonio tra la Scuola lacaniana e tutte le altre Associazioni che
provengono dalla SISEP e istituite prima del 31 dicembre 2001. La divisione
si farà secondo la percentuale dei membri che aderiscono a ognuna delle
suddette Associazioni. Un grande simposio seguirà l'Assemblea.


 

 

Resoconto della prima Conversazione della Scuola italiana in formazione sotto l’egida dell’AMP svoltasi a Firenze il 19 e 20 febbraio.

Si tratta di un riassunto. Quanto detto dai presenti viene riportato tra virgolette.

 

Sabato mattina

Jacques-Alain Miller ha dato avvio alla Conversazione ricordando che: “Ci sono delle regole per la costruzione di una Scuola ma c’è anche posto per delle innovazioni. In fondo, le leggi della gravitazione universale si imponevano a Brunelleschi anche se non le conosceva, ciò non ha impedito che si potesse inventare il luogo che rende bella Firenze. Forse, pur rispettando le regole per la costruzione di una cattedrale, possiamo anche noi veder spuntare una cosa altrettanto magnifica. Nessuno ha preparato dei testi, del resto non abbiamo chiesto a nessuno di preparare dei testi scritti. Abbiamo davanti a noi nove ore di discussione senza piani e senza costrizioni se non quella di non parlare troppo a lungo per lasciare anche agli altri la possibilità di esprimersi. Ci sono solo due eccezioni: Miquel Bassols che ha preparato un testo di presentazione e la nostra amica Gennie Lemoine, che non era a Milano nel quadro della Sisep ma che è qui nel quadro della Scuola, che ha scritto un editoriale per il primo numero storico di Appunti e che ce lo presenterà quale introduzione a questa Conversazione”.

 

Gennie Lemoine nel suo editoriale (che si potrà leggere intergralmente su Appunti) mette in tensione la storia del movimento lacaniano in Italia con le antinomie del rapporto psicoterapia/psicoanalisi sorte in seguito all’approvazione della legge Ossicini. La sua proposta - seguendo le raccomandazioni della Nota agli Italiani di Jacques Lacan - è quella di una Scuola italiana fondata sul principio dell’Uno e del molteplice, tenendo presente che se la storia ci insegna che “l’Italia è sorta su di un suolo poco sicuro”, noi allora possiamo dire che questo “è un terreno favorevole al lavoro analitico”.

 

Miquel Bassols: “Cari colleghi, benvenuti alla Conversazione di Firenze sulla politica lacaniana che si svolgerà in questi due giorni con un dibattito sulle prospettive e i mezzi della nuova Scuola italiana. ‘Tutto procede rapidamente’ ha scritto J.-A. Miller a proposito della nuova Scuola che si formerà in Spagna nel prossimo mese di maggio. Tutto procede rapidamente anche in Italia e bisogna fare il punto sugli avvenimenti accaduti negli ultimi mesi per capire dove siamo oggi e dove dobbiamo andare nel futuro. Il momento scatenante è iniziato con la famosa Lettera a Rosy di Maria Teresa Maiocchi e con il dibattito aperto via Internet nel mese di dicembre. Dopo, la Lettera a Lucrezia del Delegato generale ha delineato i termini del dibattito. Una logica si è dimostrata qui come la più effettiva della nostra comunità di lavoro, una logica a volte difficile da capire, ma che si può enunciare così: il punto di resistenza inerente alla struttura del gruppo diventa all’improvviso la chiave, il punto d’apertura per entrare in una nuova situazione, in una nuova fase. Questo è stato il momento della giornata del 18 dicembre a Milano al palazzo delle Stelline, giornata preceduta dal dibattito via Internet. Si era rivelato che l’unità della Sisep non poteva più rappresentare la priorità da preservare di fronte a due posizioni che erano apparse come inconciliabili: a favore o contro l’AMP. La scelta della nuova Scuola, nel senso di una discontinuità con la Sisep, è stata maggioritaria. La dimissione della presidente in carico Annalisa Davanzo e dei membri delle istanze hanno portato alla creazione di una segreteria nazionale provvisoria sotto la mia responsabilità, come presidente dell’EEP, composta da Maurizio Mazzotti come presidente pro tempore, Massimo Recalcati come segretario e Michelle Daubresse come tesoriere. La nuova Scuola italiana è in formazione a partire da quel momento e l’appuntamento della Conversazione di Firenze è la prima a svolgersi in questa nuova epoca della Scuola in formazione. Un comunicato del 15 gennaio dell’AMP ha dato avvio a questo momento. Ma un evento cruciale ha segnato questa fase, un evento in rapporto con la situazione internazione della nostra comunità di lavoro. Si tratta della Dichiarazione della Scuola Una fatta da J.-A. Miller il 22 gennaio. E’ stato un evento decisivo che indica l’inizio di una nuova epoca per la psicoanalisi di orientamento lacaniano e che segna l’orizzonte in cui si svolge il futuro della nuova Scuola italiana. Si tratta adesso di sincronizzare il tempo di questa Scuola in formazione, di farla contemporanea della Scuola Una, di organizzare una rete di comunità di lavoro seguendo la scommessa della Dichiarazione e che riporto qui: ‘Una, nonostante la diversità delle lingue e delle tradizioni culturali. Una, nonostante le distanze geografiche. Una, nel senso opposto alla tendenza naturale all’allontanamento, alla divergenza, allo sbriciolamento. Una, ma senza la noia che si accompagna all’omogeneità dell’Uno perché è plurale e non-standard’. Questo è l’orientamento che desideriamo per la nuova Scuola e questo è anche l’orientamento che desideriamo per la nostra Conversazione in questi due giorni. Vi ricordo il programma con i suoi temi:

 

Prima parte: La Scuola Una

1-Scuola versus Società

2-Orientamento-Conversazione (AMP) versus Standard-Monologhi (IPA)

Seconda parte: Nell’AMP e in Italia

1-La procedura della passe

2-I cartelli

3-I gruppi del Campo Freudiano

4-Le pubblicazioni

5-L’insegnamento

6-Le relazioni tra le Scuole e le Sezioni cliniche

7-Le istituzioni terapeutiche

Terza parte: Problemi italiani

1-L’esperienza del Gisep e della Sisep

2-La deprovincializzazione

3-Quel che si è fatto e quel che c’è da fare in ogni città italiana

4-Il locale, il nazionale, l’internazionale

5-L’Istituto

Ricordo anche che il testo di riferimento di questo programma è l’Atto di fondazione di Jacques Lacan. Cari colleghi iniziamo dunque il dibattito che merita questa nuova Scuola”.

 

Jacques-Alain Miller: “Nessun piano quindi. Ma chiediamoci semplicemente come vogliamo uscire da qui domani verso l’una. Che cosa dovremo aver intravisto. Quali sono le decisioni che dovremo aver visto prendere. Questa non è un’assemblea, non siete ancora dei membri della Scuola, per ora il potere di decisione è dell’AMP. Il problema sta nell’arrivare fino al momento in cui sarete voi a prendere delle decisioni. Le decisioni di una Scuola di cui ognuno di voi sarà membro. Si tratta quindi di arrivare fino a quel momento lì. Per ora esiste la Scuola, questa Scuola è in formazione ed è l’AMP che prende le decisioni che la concernono. In particolare, è l’AMP che deciderà come si prenderanno i membri di questa Scuola e come si faranno gli statuti. Però queste decisioni le discutiamo adesso, tutte le decisioni. E se ci sarà un consenso sufficiente, se queste discussioni saranno ben orientate, dopo aver ascoltato Gennie e Miquel Bassols prenderò delle decisioni durante questo giorno e mezzo, almeno qualche decisione. Innanzitutto di cosa disponiamo per ora. Abbiamo un calendario da continuare, in futuro sarà il Consiglio del Direttorio a prendere queste decisioni. Per ora si tratta di un momento di democrazia diretta e quindi possiamo prendere le decisioni discutendo tutti quanti. Il calendario, attualmente, è il seguente. Vi ricordo che il primo febbraio la Scuola ha cominciato a esistere, oggi 19 e domani 20 febbraio è la prima Conversazione, in seguito il 20 e il 21 di maggio ci sarà il primo Convegno scientifico della Scuola con l’assemblea della Sisep a Torino. Per ora il calendario si ferma qui. Quindi bisogna decidere il seguito del calendario. Suppongo che ci voglia almeno una riunione al rientro tra settembre e dicembre, possiamo benissimo avere altre riunioni nel mese di febbraio, un’altra riunione nel mese di maggio. E forse in uno di questi momenti potremo fare l’assemblea costitutiva della Scuola, questo è tutto da discutere. C’è da discutere anche il nome della Scuola. Io avevo proposto Nuova Scuola Italiana, a qualcuno piaceva, ad altri non piace, è un tema da discutere. Allora come prendere i membri? Ci sono sicuramente i membri della Sisep che vogliono essere membri di questa nuova Scuola e che potranno esserlo. Ma non possiamo limitare la nuova Scuola a essere una duplicazione della Sisep. Dunque prenderemo anche altri membri. Quali sono i criteri per prendere questi nuovi membri? Ecco un tema della Conversazione. Non è certo abituale chiedere il parere su come prendere dei membri a dei futuri membri. Ma difatti non facciamo le cose in maniera del tutto abituale. Ci vorrà un momento perché vi abituate a questo. Vi si chiede il vostro parere su questo. Tutti si rendono conto che non possiamo prendere tutti, perché se prendessimo tutti, la qualità di membro non avrebbe più alcun valore. Al tempo stesso non possiamo prendere solo i membri della Sisep altrimenti sarebbe una semplice clonazione. Dunque la questione è quella di sapere quali membri prendere per avere una buona Scuola dell’AMP in Italia e a chi bisogna affidare la scelta di prendere i nuovi membri, pensando all’avvenire e non soltanto al presente che costituiamo. Che cosa dobbiamo fare della Sisep? La Sisep ha un avvenire accanto alla Scuola che stiamo costruendo? Non è sicuro. La Sisep ha un avvenire se pensiamo di poter riunire in una certa dimensione quelli che sono per la Scuola e quelli che non sono veramente per la Scuola, ma come dicevo a Milano questo presupporrebbe che dei colleghi che fanno parte di altre associazioni non facciano propaganda, del proselitismo. Se fanno del proselitismo faranno un’altra Scuola, un’altra associazione. Quindi che cosa fare con la Sisep? Credo di aver letto nel corriere elettronico un invito di Massimo Recalcati di non far durare troppo a lungo la Sisep, visto che è segretario provvisorio della Sisep il suo invito ha un certo peso… Bisogna immaginare il funzionamento della nuova Scuola italiana. Normalmente una Scuola ha un Consiglio e un Direttivo. Se però dall’esperienza passata deduciamo che vale la pena avere una sola istanza direttiva potremo immaginare di tentare l’esperienza. Quindi qui si tratta di portare delle testimonianze. A un certo momento l’Istituto ha sollevato parecchie discussioni: si è detto che l’Istituto succhiava la vita che era necessaria per la Sisep. Esaminiamo questa questione tranquillamente. E’ possibile che la Sisep avesse delle difficoltà interne piuttosto profonde e che l’Istituto non avesse queste difficoltà interne. L’Istituto non ha difficoltà interne perché praticamente non ha interno, l’Istituto ha delle difficoltà interne solo se Antonio Di Ciaccia ha mal di testa, quindi rispetto alla Sisep nella quale c’erano delle difficoltà interne l’Istituto appariva con una forza impressionante. La situazione è differente con una nuova Scuola, perché questa Scuola dovrà avere un dinamismo interno e se deve esserci una competizione con l’Istituto che sia una competizione dinamica. Esaminiamo quindi la questione senza a priori. Ci sono molti Istituti nel mondo, nel Campo freudiano, e hanno relazioni diverse con le Scuole corrispondenti, non è dappertutto la stessa cosa. La formula dell’Istituto è stata fatta su misura per l’Italia considerando gli obblighi legali che esistono in Italia e che limitavano la nostra libertà, e che continuano a farlo. Non c’è un tabù su questa questione, l’esistenza dell’Istituto e il suo funzionamento concerne questa collettività e ne possiamo parlare. E, come dicevo prima, decidere altre cose, è bene per una conversazione discutere e cercare anche altre forme. Possiamo anche discutere delle pubblicazioni. Normalmente si discuterebbe su come fare una rivista della Scuola. Esiste già La Psicoanalisi, bisogna fare una rivista della Scuola? Forse sì, forse no. Forse no, perché sarebbe troppo, ma forse sì perché la produzione italiana è sufficiente per dar luogo a una nuova rivista. Forse una rivista è indispensabile per l’identità di una nuova Scuola italiana, anche questo è da discutere. Possiamo anche ingrandire Appunti perché diventi di più una rivista. Ho visto che qualcuno aveva notato che nel programma si tratta di istituzioni terapeutiche, e qualcuno ha inviato una e-mail a proposito. Mi scuso ma non ho portato la letteratura. Qui possiamo ripartire da questa e-mail e discutere. Si tratta di quello che bisogna fare in ogni città italiana, possiamo prendere la lista e discutere a proposito di ciascuna. C’è qualcuno che vuole scegliere uno di questi punti e così si comincia da quel punto?”.

 

Roberto Cavasola prende la parola per sottolineare la necessità di rispettare il tempo soggettivo delle persone per l’ingresso nella Scuola. Non bisogna basarsi sulla automaticità: creare la Scuola e nominare subito dei membri. Si domanda quale potrebbe essere per una Scuola il criterio che permetterebbe di dire che siamo contenti della nostra Scuola. La sua risposta è: “La fiducia e la stima reciproca che c’è tra i membri”.

 

Jacques-Alain Miller: “Anche con i più grandi sforzi di questo mondo, anche con i migliori statuti, anche con la più grande affectio societatis non vedremo certamente nascere un’umanità rigenerata. E’ vero che per la Scuola Una ho evocato Gioacchino del Fiore. Perché è vero che ogni volta che c’è una vera e nuova fondazione, ritroviamo le più folli speranze della storia e dunque possiamo descrivere una Scuola meravigliosa, in cui tutti diranno all’altro quello che pensano, una Scuola sincera dove in maniera meravigliosa si penserà dell’altro delle cose buone e amichevoli. Si può sognare. Ed è molto bello sognare. E’ molto meglio andare in questa direzione che decidere di organizzare la zizzania, la querela sistematica, fare una società degli amici del crimine”.

 

Gennie Lemoine non vede la necessità della trasparenza per questa Scuola, non serve. Propone per la scelta dei membri una commissione di accoglienza che riceva tutti quelli che hanno votato, uno per uno e decida chi accettare come membro.

 

Massimo Recalcati si interroga sul problema di come trattare il particolare, cioè le situazioni locali della Sisep. La nuova Scuola dovrà distruggere quel particolare che ha un effetto disgregativo. Vorrebbe conoscere il livello del dibattito nelle segreterie di città sulla futura Scuola. Invita i segretari di città della Sisep a prendere la parola per dare un’idea della situazione locale.

 

Jacques-Alain Miller: “Propongo che questo giro di parola si faccia un po’ più tardi, perché se facciamo questo giro di parola vuol dire che diciamo prima quello che succede altrove, o quello che è successo prima, mentre si tratta prima di tutto di quello che sta succedendo qui e subito, cioè parliamo di quello di cui si tratta. Sono venticinque anni che si evoca una Scuola italiana nel futuro, Gennie ha ricordato la Nota di Lacan del 1974. Quindi per la prima volta dopo venticinque anni la Scuola è qui in formazione, si tratta di pensarla, di costruirla, non domani né dopodomani, ma subito. Naturalmente il subito procura uno shock, è per questo che abbiamo un giorno e mezzo di Conversazione. Dobbiamo soggettivare il subito, ma subito. Non sono gli altri a doverlo fare, ma quelli che sono qui. Quindi vediamo che lavoro possiamo fare subito. Roma non si è costruita in un giorno. Quindi se non riusciremo a costruire tutto a Firenze, continueremo a Torino. Penso che potremo fare questo giro d’orizzonte domani pomeriggio o domani mattina. Ma cerchiamo di parlare della Scuola stessa subito o anche della Sisep, per esempio se dobbiamo sciogliere subito la Sisep. Recalcati può spiegare perché questo è il suo parere?

 

Massimo Recalcati risponde che occorre tener presente il polo della dissoluzione e quello della ricostruzione storica del movimento lacaniano, quindi “la dissoluzione non è una cancellazione della storia” ma si tratta di una contingenza politica. Visto che nelle e-mail di Davanzo e Maiocchi si legge che vogliono utilizzare la rete della Sisep per creare un antagonismo interno alla nuova Scuola, allora, lo scioglimento della Sisep si impone per motivi politici.

 

Jacques-Alain Miller: “Voi avete preconizzato lo scioglimento rapido della Sisep prima delle e-mail. Allora, non si farà una riunione speciale per sciogliere la Sisep. Quindi la scioglieremo a maggio. Corrisponde questo all’idea generale? Lo scioglimento generale della Sisep si fa a maggio?

 

Carlo Viganò interviene per riprendere quanto detto da G. Lemoine, che cioè nella storia del movimento di Lacan il tempo logico della fondazione e quello della dissoluzione sono sempre coincisi. C’è una sincronia tra fondazione e dissoluzione del tipo di quella che c’è tra alienazione e separazione. In particolare c’è questo paradosso: “L’algoritmo della fondazione lo si deriva dalla dissoluzione, cioè che il principio di quello che sarà fondato lo si deriva dal motivo per cui si è disciolto qualcosa”.

 

Jacques-Alain Miller: “Volete dire che occorre sciogliere e fondare la Scuola nello stesso tempo?”.

 

Carlo Viganò: “In un certo senso sì”.

 

Jacques-Alain Miller: “Qui bisogna essere chiari. I tempi della dissoluzione della Sisep non sono omologhi al tempo della costruzione della Scuola. Per costruire la Scuola in maniera pubblica ci vuole un certo tempo, non ci si arriverà domani all’una. Possiamo prendere, fino a domani, qualche decisione ma non tutte. Dunque abbiamo bisogno di un certo tempo, di qualche altro appuntamento. E’ per questo che parliamo di formazione, di processo di formazione. In Spagna sono due anni. In Italia possiamo arrivare a fare tutto questo in un anno. Ma è difficile fare più in fretta per la costruzione effettiva. D’altro canto c’è una tesi secondo la quale la dissoluzione della Sisep deve realizzarsi molto rapidamente. La prima data che possiamo ipotizzare è il prossimo mese di maggio. Quindi la direzione provvisoria convoca, secondo gli statuti, l’assemblea di scioglimento. Mentre la fondazione completa della Scuola può arrivare nel mese di febbraio dell’anno prossimo oppure in maggio, a seconda della rapidità con cui risolveremo i problemi”.

 

Carlo Viganò propone che un criterio per realizzare concretamente lo scioglimento della Sisep sia quello di fare una riflessione critica nei piccoli luoghi periferici, quindi finalizzare l’assemblea di maggio a raccogliere queste riflessioni.

 

Jacques-Alain Miller: “Sono quindi tre mesi di discussione per decidere se ci sarà dissoluzione a Torino”.

 

Riccardo Carrabino dopo aver ribadito l’importante ruolo svolto da Internet a proposito della conversazione elettronica della Scuola, ritiene che la nuova Scuola italiana non nasca in contrapposizione con la Sisep. “La nuova Scuola nasce perché ci sono le condizioni grazie alle quali invece di esistere come sezione, si esista come Scuola con un diverso rapporto con l’EEP e con l’AMP. La Sisep ha creato le condizioni perché possa esistere la nuova Scuola e cesserà di esistere per fine naturale”. Propone come nome per la Scuola italiana: Scuola fruediana italiana dell’AMP.

 

Virginio Baio affronta la questione di come nominare i nuovi membri. Dice che dovrebbe trattarsi di: una ‘Scuola precaria’ cioè ottenuta attraverso la domanda e non attraverso il diritto. Il problema quindi è di come rimanere nella posizione per cui il primo sì, detto a chi chiede di entrare, sia solo nell’après-coup. Come rimanere nella posizione della precarietà, di chi chiede ogni volta? Ritiene che i colleghi che nella Sisep hanno fatto la passe all’entrata abbiano anticipato la nuova Scuola. “Quindi avendo messo in gioco il reale non nel discorso dell’analista ma nella Scuola, queste persone potrebbero essere i partner per ricevere i nuovi membri nella Scuola italiana”.

 

Jacques-Alain Miller: “Prenderò questa proposta di Virginio Baio per delineare una formula possibile per l’entrata dei membri nella Scuola. Ed è la seguente: si prenderanno nella nuova Scuola i membri EEP (quelli che lo vogliono) più quelli che entreranno tramite la passe. Questa è la formula ‘porta stretta’. Adesso si possono pensare anche altre formule”.

 

Orfeo Verdicchio propone come nome: Scuola lacaniana italiana dell’AMP. Una Scuola, dice, fondata sull’Uno e sul molteplice. Interviene anche sul ruolo della Sisep: “La Sisep ha svolto un ruolo in Italia, un ruolo importante e forse ha terminato questo compito […] penso che questo sia qualcosa che ha a che fare con l’Uno e con il molteplice ma anche con la pacificazione degli animi”. Tiene a sottolineare che la Scuola di psicoanalisi in Italia si fonda a partire da quello che riusciamo a fare come psicoanalisti lacaniani nelle singole sedi sparse per l’Italia e sulle impasse che troviamo nella clinica: quindi la Scuola si fonda a partire da momenti clinici e istituzionali. Non è interessato alla controversia con i Forum.

 

Chiara Mangiarotti è d’accordo con lo scioglimento della Sisep, però propone che avvenga prima di maggio.

 

Jacques-Alain Miller a partire dal capitolo sette degli statuti Sisep “Modifiche e sciglimento” propone che tra un mese si possa fare questa assemblea di scioglimento della Sisep. “Avevo preparato dei fogli per firmare il fatto che si sarebbe sciolta a Torino. Cambio, dicendo che questo avverrà il più rapidamente possibile”. Ascoltato il parere dei presenti viene scelta Bologna come città più facilmente accessibile. [Nota del redattore: Per motivi legali non è stato possibile organizzare a Bologna l’Assemblea di scioglimento della Sisep, che è stata mantenuta per il mese di maggio a Torino]

 

Piero Feliciotti propone invece, come data, dopo maggio.

 

Jacques-Alain Miller: “Dopo maggio per me è escluso. La questione è tra un mese a Bologna o fra tre mesi a Torino. Dopo è escluso. Perché la Sisep ha terminato la sua funzione storica. A Milano c’era chi pensava una coabitazione di noi con quelli che hanno meno simpatia per l’AMP. Gli ultimi eventi dimostrano che non è così. Aspettare troppo è stupido”.

 

Gennie Lemoine: “Il tempo ci vuole per passare da uno stato a un altro non per prendere delle decisioni. Le decisioni non devono aspettare bisogna prenderle subito e anche in anticipo”.

 

Panayotis Kantzas: “Che ci fosse la possibilità che le due strutture camminassero parallelamente, questo era il mio desiderio. Ma di fronte ad atti politici bisogna rispondere con atti politici. Per cui credo che la dissoluzione immediata della Sisep sia la cosa più saggia da fare”.

 

Monica Samaniego chiede, vista la soluzione attuale, di non voler più appartenere alla Sisep.

 

Jacques-Alain Miller: “E’ una soluzione individuale ma non è, come dice Lacan, una soluzione per tutti. La Sisep ha un’esistenza legale e tutti dobbiamo risolvere questo problema”. Vengono fatti circolare dei fogli affinché i membri della Sisep sottoscrivano la dissoluzione della Sisep al fine di aprire la via alla nuova Scuola.

 

Rosa Maria Salvatore sul nome della Scuola sottolinea l’importanza del significante “lacaniana” e propone: Scuola lacaniana di psicoanalisi o Scuola italiana della Cosa freudiana. Per i criteri d’elezione vorrebbe ce ci fosse qualcosa in relazione con la passe.

 

Marco Focchi sostiene la necessità di trovare nuove forme di pensiero. “Una vecchia forma è che ci sia una periferia e un centro, nella nuova Scuola credo che non ci sarà un centro”. Sul nome dice di essere d’accordo con “Nuova Scuola” tenendo presente però che occorre mantenere costantemente questa novità.

 

Martin Egge interviene sul diventare membro. Non è d’accordo sulla sola proposta di fare la passe per diventare membro. La sua formula comporta anche quella del lavoratore deciso che fa domanda per diventare membro.

 

Jacques-Alain Miller: “Per questa Scuola l’unica autorità attuale è l’AMP, l’AMP decide di delegare a un’autorità più vicina alla situazione italiana; come formare questa autorità delegata dell’AMP? Io posso designare una commissione, ma preferisco un altro modo di procedere nella formazione di questa commissione. La mia domanda è quale autorità avrebbe questa commissione per accettare o no delle domande? Non è il delegato che deve formare una commissione, preferisco un’autorità consensuale, basata sui partecipanti alla Conversazione”.

 

Antonio Di Ciaccia risponde a Samaniego dicendo che non bisogna dimettersi perché altrimenti si perde il diritto di voto. Sul nome propone: Scuola dell’orientamento lacaniano in Italia. Risponde anche a quanto detto da Verdicchio e Feliciotti, sottolineando che: “La nostra legittimità e garanzia ci viene solo dalla Scuola di Lacan e questa si chiama oggi la Scuola Una. Noi non abbiamo legittimità personale se non attraverso una trasmissione e la trasmissione ci proviene da Freud e da Lacan. Quindi da un lato occorre sottolineare gli sforzi fatti localmente e, dall’altro, il fatto che la legittimità e la garanzia ci proviene dalla Scuola Una”. La sua proposta è quella di ripartire dalla Dichiarazione della Scuola Una.

 

Virginio Baio interviene per sapere, in particolare da Feliciotti e Verdicchio, se si è d’accordo sul fatto che ci sia qualcuno in carne e ossa, cioè J.-A. Miller, che garantisca l’orientamento.

 

Orfeo Verdicchio precisa di non aver mai messo in discussione J.-A. Miller.

 

Emilia Cece è d’accordo sullo scioglimento. Propone come criterio di ammissione di prendere coloro che hanno fatto la passe d’entrata nella Sisep, chiedendo però che la loro posizione rispetto all’AMP sia valutata da due membri dell’AMP scelti dal Delegato generale, e dopo si potrebbe passare alle domande per la nuova Scuola.

 

Massimo Recalcati interviene per dire che per lui c’è qualcosa di incomprensibile in quello che ha detto Verdicchio: che da un lato dice di non mettere in discussione J.-A. Miller e, dall’altro, afferma che quanto accaduto nell’AMP non ci riguarda.

 

Rosa Elena Manzetti è d’accordo per lo scioglimento per maggio e per il nome indica: Scuola freudiana italiana dell’AMP.

 

Carmelo Licitra-Rosa interviene su alcuni punti. Sul nome propone: Scuola lacaniana dell’AMP in Italia. Sui criteri di entrata: il lavoratore deciso e la passe d’entrata. Sulla procedura: indirizzare la domanda al Consiglio dell’AMP, il quale demanda al Delegato generale che nominerà alcuni membri che a loro volta nomineranno coloro che faranno i colloqui d’entrata. Sulla visibilità: chiede di trasformare Appunti in una rivista come l’Ane.

 

***

 

Sabato pomeriggio

Jacques-Alain Miller dopo aver ricordato le modalità inerenti allo scioglimento della Sisep, riprende il dibattito sulla situazione della Scuola in Italia. “Facciamo il panorama su alcuni appunti locali dell’Italia, una domanda ricorrente è: cosa succederà a Venezia?”.

 

Giuseppe Pozzi propone come nome: Scuola lacaniana di psicoanalisi in Italia. Vorrebbe che ciascuno potesse manifestare subito la sua decisione di proseguire con l’AMP, la quale dovrebbe poter nominare degli organismi provvisori necessari per realizzare uno statuto; chiede che venga data una funzione specifica a quelli che hanno fatto la passe all’entrata. Inoltre: “Un piccolo sogno, quello di poter avere una rubrica che favorisca il dibattito tra Scuole soprattutto sulla questione delle istituzioni”.

 

Roberto Cavasola interviene sulla questione dei nuovi membri. Vorrebbe che fosse ripristinata subito la passe all’entrata. Sul lavoratore deciso, ritiene che occorre scegliere: o ci si fida di quelli che fanno la scelta (per esempio ci si fida di Miller che sceglie chi è un lavoratore deciso), oppure, ed è questa la sua proposta, “si trasferisce questo tipo di scelta dal Consiglio alla Commissione della garanzia, che sia quest’ultima a nominare i nuovi membri”. Tutto questo al fine di promuovere un lavoro di elaborazione da parte di coloro che scelgono i nuovi membri.

 

Moreno Blascovich [Una parte di quest’intervento, per motivi tecnici, è incomprensibile] parla del suo lavoro di cartello sulla politica e l’etica lacaniana. C’era stata una proposta di lavoro su questo tema fatta ai membri della segreteria allargata di Venezia, ma nessuno ha aderito all’iniziativa.

 

Jacques-Alain Miller: “Qual è il contenuto della elaborazione di questo cartello?”.

 

Moreno Blascovich: “La mia speranza è che questo cartello arrivi a dire, a produrre qualcosa, è una speranza che qualcosa cambi, visto che a partire dagli eventi che ci sono stati, siamo tutti per il cambiamento necessario”. Parla anche della sua esperienza di passe: “Che la passe ognuno la faccia, singolarmente, e che non dia diritto a nulla se non a poter dire qualcosa alla comunità”.

 

Antonella Labate ritiene che lo scioglimento della Sisep è già in atto: “Se non ci fossero stati dei problemi burocratici e legali avrei proposto lo scioglimento qui ed ora”. Circa l’entrata nella Scuola ritiene che l’unico dispositivo sia la passe “per rendere conto di un desiderio deciso, se c’è questo c’è anche un transfert di lavoro deciso”. Sul nome della Scuola ritiene importante la presenza dei significanti “lacaniana” e “italiana”.

 

Pasquale Mormile si dichiara soddisfatto circa la decisione di scioglimento della Sisep. Domanda a J.-A. Miller: “Non tanto quando, ma come avverrà la costituzione dei cartelli della passe in Italia”. Sul nome della Scuola è d’accordo con il significante “lacaniano” non su “orientamento”, perché ritiene, ironicamente, che dobbiamo già troppe cose agli Argentini: dal tango a Maradona.

 

Riccardo Carrabino propone sulla modalità di ammissione nella Scuola la nomina di una commissione da parte del Delegato generale dell’AMP e, eventualmente, in collaborazione con il presidente dell’EEP, che valuterà le domande presentate da chi chiede di entrare nella Scuola. Un criterio possibile per decidere sulle domande potrà essere quello della posizione del richiedente rispetto all’AMP e alla Scuola. Si potrà così formare una seconda commissione composta da quattro membri ammessi nella nuova Scuola più uno nominato dall’AMP, che valuterà le domande degli attuali membri corrispondenti e aderenti. Dovrà essere riattivata la procedura della passe, ma richiederà del tempo. Per diventare membri della Scuola resteranno due vie: la domanda fatta alla commissione e la via principale costituita dalla passe.

 

Jacques-Alain Miller: “Abbiamo toccato due temi: il tema Venezia e il tema commissione d’entrata. Allora, prendiamo il tema della commissione d’entrata. La situazione è la seguente [Miller fa uno schema alla lavagna]: qui c’è un insieme sostanziale di domande d’entrata, vale a dire il desiderio d’entrata che si concretizza in domanda. La questione è di trasformare questo insieme di domande in un altro insieme, quello dei membri della Scuola. La questione che si pone è attraverso quale operazione si passa dalle domande all’iscrizione definitiva. Si può dire: tutte le domande sono accettate, si passerebbe così automaticamente da un insieme all’altro: è un po’ svalutante per la Scuola. Si può anche dire: nessuno è degno di entrare, meglio la Scuola vuota. Si tratta di due estremi. La sorveglianza di queste operazioni normalmente appartiene all’AMP, l’AMP concretizza il suo potere esecutivo nel Delegato generale, e cioè J.-A. Miller, da otto anni ormai. A Buenos Aires, all’Assemblea generale, chiederò di restare in carica ancora due anni, dopo di che non sarò più Delegato generale, lo rifiuto sin dal principio, e la persona che sarà candidata a questa carica è una collega di Buenos Aires che si chiama Graciela Brodsky, che forse qualcuno di voi conosce, ma che in ogni modo verrà in Europa e cominceremo a conoscerla meglio. Se non si riesce a risolvere il problema della Scuola italiana prima del 2002, lo risolverete con Graciela Brodsky, ma sarei contento, prima, che esista una Scuola italiana. Evidentemente, si tratterebbe di una soddisfazione personale. Questo è uno dei motivi che mi hanno portato a domandare di essere delegato generale fino al 2002. La Scuola spagnola si formerà in maggio e sarò contento di essere delegato generale nel momento in cui si formerà contemporaneamente la Scuola italiana. Io non posso scegliere uno per uno le persone che dovranno passare da un insieme all’altro, perché non conosco tutti e sono contento di non conoscere più tutti; dieci anni fa conoscevo tutti e adesso non conosco più tutti. Questo dimostra che questo movimento si è sviluppato. Quindi non posso fare questa operazione personalmente e da solo. E’ una operazione che assomiglia del resto a quella del demone di Maxwell. Un’esperienza immaginaria dove si immagina un demone che deve scegliere tra le particelle quantiche. Chiedo: come formare la commissione che si occuperà di fare questo lavoro? Non vorrei fare una scelta arbitraria e soltanto tra le persone che conosco. Vorrei avere il consenso più ampio possibile su questa scelta importante. Quali sono le formule pensabili. Si potrebbe creare una commissione per esempio composta dagli AME, almeno degli AME che vogliono loro stessi entrare nella Scuola. Si potrebbe dire è il modo più semplice, non è molto eccitante, non è molto nuovo. Come introdurre del nuovo? Si potrebbe proporre una commissione costituita dai membri che sono entrati tramite la passe d’entrata, che hanno dato fiducia alla Scuola europea di psicoanalisi e alla sua procedura, e quindi la nuova Scuola può dar loro fiducia. Non so quanti siano.

 

Antonio Di Ciaccia: “Undici”.

 

Jacques-Alain Miller: “Più otto AME qui presenti, farete una commissione di diciannove membri, se si prendono i vecchi e i nuovi. Forse sono un po’ tanti però penso che non sia una formula arbitraria quella di formare una commissione di nuovi membri e di quelli entrati tramite la passe. Un cocktail di vecchi e di nuovi, i più vecchi che assicurano la continuità della storia e i più giovani che possono parlare a nome della loro generazione. Questa è una formula possibile; se ne possono immaginare altre; sto proponendo quella a cui sono condotto dalla vostra discussione. Il secondo punto è Venezia. Perché ho detto Venezia all’inizio della riunione. Non l’ho detto pensando al lavoro di cartello che fate a Venezia; l’ho detto pensando che ci sia una difficoltà speciale a Venezia. Può darsi che sia una immaginazione personale. Ma non credo. Penso che i colleghi di Venezia siano divisi tra due transfert. Un transfert verso la Scuola europea, verso la Sisep, al lavoro che abbiamo fatto per molti anni, e un transfert verso Annalisa Davanzo che fino a pochissimo tempo fa è stata presidente della Sisep. A Milano alla fine della riunione le ho detto: ‘Annalisa non deve dare le dimissioni, forse ha fatto degli errori, ma è facendo degli errori che si diventa presidente, un presidente migliore’. Annalisa ha comunque dato le dimissioni, era nel suo diritto, era nel suo diritto di guardare in una direzione diversa dalla mia. Ed ha annunciato che non sarebbe venuta oggi qui; è nel suo diritto; sembra contenta così. Penso che questo crei delle difficoltà particolari ai colleghi di Venezia, perché rispettano Annalisa, sono stati o lo sono ancora in analisi con lei, e dunque quello che lei dice è importante per loro, ma al tempo stesso fanno parte della comunità italiana della Scuola. Tutto questo costituisce sofferenza, dolore, esitazione, rispettabili certo, ma il processo è in moto; c’è una logica che si è messa in moto; se avessi proposto come priorità l’unità del gruppo italiano, allora non si sarebbe dovuto fare la Scuola, bisognava rimanere all’interno del quadro della Sisep. Ma questa scelta di andare verso la Scuola è arrivata il 18 dicembre e quindi si è messa in moto una logica: la logica di creare una Scuola in formazione e, contemporaneamente, si crea un gruppo in formazione dei Forum. E’ così. E quindi si farà questa spartizione e spero si faccia nella maniera più civile possibile, la più rispettosa possibile e che non entreremo in un conflitto del tipo guelfi e ghibellini, e poi ci sono i guelfi bianchi e i guelfi neri, e non faremo nemmeno la cospirazione dei Pazzi e nemmeno quella dei Ciompi. E quindi si compie una divisione, forse non andrà fino in fondo, forse la Scuola dei Forum non si farà, ma la Scuola dell’AMP deve andare avanti. Questo per me è il problema di Venezia: il problema di un duplice transfert, che per ora appare uno incompatibile con l’altro. Forse i colleghi di Venezia vogliono manifestare la propria opinione o forse no, spetta loro decidere”.

 

Adriana Monselesan, a partire dalla sua esperienza nella segreteria di Venezia, sostiene che sì ci sono stati dei problemi ma “ci ha salvato fare riferimento all’insegnamento di Lacan, questo è stato il punto terzo che non ci ha fatto perdere di vista l’oggetto psicoanalisi, il lavoro psicoanalitico”. E quindi ritiene che anche in questa situazione di doppio transfert il riferimento all’insegnamento di Lacan possa essere di aiuto. Il momento di concludere deve essere preceduto dal tempo di comprendere. Non ritiene che ci sia, come alcuni hanno detto, un “pericolo”, per cui occorra affrettarsi a concludere.

 

Jacques-Alain Miller: “Una questione teorica generale a proposito della relazione tra tempo per comprendere e momento di concludere. Perché Lacan ha distinto i due. Abitualmente comprendere è concepito come concludere. Comprendere a fondo significa concludere. Comprendere bene conduce a concludere. Lacan ha distinto: comprendere e concludere per manifestare che tra i due c’è sempre una mancanza. Comprendere di per sé non conduce a concludere. Comprendere conduce a comprendere sempre più: è la ruminazione mentale. Comprendere è una proiezione infinita, però Lacan ha mostrato che la conclusione è sempre una precipitazione, un salto, con un elemento irrazionale, un elemento che non è possibile: dell’ S (A barrato). Perché qui la politica non è distinta della psicoanalisi. La psicoanalisi sta qui. E’ la psicologia delle masse di Freud. La scoperta freudiana è l’omologia della psicologia delle masse con la massa a due che è l’esperienza analitica. Dunque, per concludere, facciamo l’esperienza della precipitazione inevitabile. […] Dunque ci sono degli scarti temporali, che sono normali, ma nel momento in cui siamo, che è un momento caotico, originario, dobbiamo accettare un certo grado di precipitazione, perché altrimenti ricadiamo nella ruminazione e non se ne uscirà mai dalla ruminazione. Se per prendere una decisione, che comunque è chiara per la maggioranza, bisogna rileggere tutti i testi di Lacan fin dall’inizio e tutti i testi dell’intercartello della Sisep, non si finirà mai. E dunque nel momento stesso in cui iniziamo questo lavoro dobbiamo creare la storia e dopo rileggeremo i nostri propri testi”.

 

Maurizio Mazzotti interviene per dire che non si può non vedere nei Forum dei “nemici” dell’AMP e della politica dell’AMP.

 

Jacques-Alain Miller: “Nemici non è il termine, i Forum sono rappresentati come un’alternativa, esplicitamente come un’alternativa all’AMP”.

 

Maurizio Mazzotti si dichiara d’accordo con J.-A. Miller. Anche se occorre valutare quanto scritto da Annalisa Davanzo a proposito dell’uso che intende fare della rete Sisep.

 

Patrizia Gilli crede che uno dei pericoli possa essere rappresentato da una adesione troppo compatta. Rimane perplessa nel leggere che in una Scuola occorre tenere fuori l’immaginario.

 

Jacques-Alain Miller: “A Venezia i membri sono in una posizione strutturale, dobbiamo capire molte cose, è una posizione strutturale di divisione tra due transfert, questa posizione del tra due transfert costituisce una difficoltà speciale per i tempi del processo. E’ l’analisi della decisione per sé, come Aristotele ci ha chiarito. Il tempo del dibattito e il momento della decisione per sé. Il dibattito costituisce un arcobaleno, con tutte le sfumature. Rispetto a questo momento lei ha ragione: il dibattito è intelligente, il dibattito capisce le decisioni, i motivi, gli stati d’animo ecc. La decisione è stupida. Perché la decisione capisce solo sì o no. In questo momento siamo tra il dibattito e la decisione. Alcuni sono per il dibattito, oltre c’è la decisione. La discussione è difficile a causa di questo tratto strutturale”.

 

Pasquale Indulgenza riprende la proposta di Baio sulla commissione di lavoro mista, capovolgendo i termini: “Cioè capire il contributo che possono dare i nuovi entrati attraverso la passe d’entrata, ma a partire da un lavoro da iniziare ora”, quindi a partire da qui vedere se ci possono essere dei criteri di ingresso nella Scuola. “Forse l’unica utopia che ci si possa permettere è che l’ingresso non sia generazionale se non a partire da questo momento”.

 

Jacques-Alain Miller: “Se avessimo dei criteri da dare sarebbe più semplice, si potrebbero dare i criteri al computer, inseriremmo i dati della persona che ha fatto domanda, si cliccherebbe sul pulsante giusto e il computer darebbe la risposta esatta. Naturalmente si tratta di un’utopia. Ma l’idea di avere dei criteri generali per decidere su ogni caso particolare risponde a questa utopia meccanicista. Io personalmente ho un’altra concezione. La cosa difficile è scegliere i primi, perché dopo è facile. Se si fa un insieme di diciannove persone, otto AME e undici nuovi membri entrati attraverso la passe, se abbiamo diciannove persone, molto diverse le une dalle altre, l’unico criterio è: chi volete aggiungere a questo numero che vi piace, per continuare questo insieme. Quando avete diciannove persone c’è già tutta la diversità del mondo in queste diciannove persone. E secondo me, sono questi diciannove a essere i criteri viventi: ci sono degli uomini e delle donne e quindi già sappiamo che non è soltanto per gli uomini o soltanto per le donne. Ci sono delle persone del Nord e del Sud, quindi sappiamo già che non è la Scuola della Padania. Quindi molte cose sono già regolate da questo insieme di diciannove. Quindi se si decide per esempio: ecco i primi diciannove membri della Scuola, è una faccenda regolata, perché a partire da questi diciannove si possono generare altri cinquanta o cento membri. Quindi trasformiamo il problema, non parliamo di commissione di accoglienza, lasciamo questo per il Delegato generale, occupiamoci dei primi membri della Scuola. Propongo questo come: i primi membri della Scuola. Gli AME presenti, i membri entrati tramite la passe qui presenti. Mi permetto di aggiungere Anne Dunand che non è presente, ma è l’AE che abbiamo in Italia. E direi: ecco il primo insieme della Scuola, se voi siete d’accordo, la cosa non mi sembra arbitraria, e a partire da qui si risolverà il problema. C’è un assenso su questo? Lo vedremo nel corso del pomeriggio e domani mattina.

 

Giuliana Grando ricorda un’occasione importante di riunione con membri di Venezia e Padova. Sottolinea come a Venezia ci si trovi attualmente a vivere questo momento idiota della decisione, del sì o no.

 

Alberto Turolla propone per il nome da dare alla Scuola: Scuola lacaniana del Campo freudiano-AMP. Crede che questa “questione della decisione come precipitato sia fondamentale”. La sua preoccupazione è che ci sia un lavoro preliminare della Scuola sul problema dell’“ortodossia lacaniana”.

 

***

Pausa

Jacques-Alain Miller: “Per riassumere: il 19 marzo l’assemblea di Bologna con la convocazione che sarà inviata dalla segreteria amministrativa di Roma durante la prossima settimana [Nota del redattore: l’assemblea è stata successivamente spostata al mese di maggio a Torino]. Secondo: la problematica della commissione d’entrata è sostituita dalla problematica dei primi membri, dopo c’è la costituzione di questa commissione di lavoro. Prima c’è la problematica dei primi membri. Terzo punto: le domanda di ammissione. Entrare nella nuova Scuola richiede una domanda d’entrata. Può essere distinto per alcuni e per altri. Alcuni possono fare la domanda subito, altri potranno farla tra una settimana, due mesi, un’anno. Dipende dalla posizione di ciascuno. In considerazione dei venticinque anni di processo di formazione di questa Scuola, in considerazione del secolo di storia di psicoanalisi, in considerazione del secolo futuro della psicoanalisi, fare la domanda oggi, fare la domanda domani o tra un anno, non è essenziale, di fronte all’eternità. Per favore che tutti siano a loro agio con il tempo proprio. Chiedo a quelli che faranno la loro domanda tra un anno di accettare che ci siano altri che possano fare la loro domanda subito, e chiedo a quelli che faranno la loro domanda subito di accettare che ce ne siano altri che facciano la loro domanda tra un anno. Di non cominciare la guerra dei guelfi e ghibellini, tra quelli che faranno la domanda subito e quelli che la faranno più tardi. Comunque per me non è la differenza essenziale e sono sempre i figli prodighi a essere i più amati. Dopo questo importante riferimento, visto che non abbiamo nemmeno dei timbri, ho scritto dieci fogli che portano il nome AMP, le cifre da una a dieci e la parola domanda. Quelli che si sentono abbastanza decisi e con le idee abbastanza chiare per fare la loro domanda subito, scrivano il loro nome in modo abbastanza leggibile e il loro indirizzo di posta elettronica. Se non hanno ancora l’indirizzo di posta elettronica mettono il fax, se non hanno il fax mettono il loro indirizzo, se non hanno l’indirizzo, mettono l’indirizzo del sindaco. Se mettono il loro nome e il loro indirizzo su questo foglio questo è considerato una domanda di entrata nella nuova Scuola. E cercherò di rispondere il più presto possibile, in modo che questa Scuola cominci a riempirsi. E molto gradevole una Scuola completamente vuota però non va molto lontano e quindi sono dell’idea di cominciare a riempirla a partire da adesso. Distribuisco questi fogli, possono esserci scritti anche dieci nomi per foglo […] Scuola lacaniana del Campo freudiano, Scuola dell’orientamento lacaniano del Campo freudiano, ci sono tante formule, mi sembra che unire i due nomi di Lacan e Campo freudiano è il desiderio della maggior parte, questo riduce già le scelte. C’è il patema di Venezia, rispettabile ma che non deve essere ingrandito: è una difficoltà locale legata a motivi molto chiari che si risolveranno con il tempo. Milano: c’è una difficoltà perché Binasco e Maiocchi non sono presenti e non so se i colleghi di Milano prenderanno la parola per esporre la situazione milanese.

 

Riccardo Carrabino apprezza la precisazione di Miller sui Forum, anche lui non li considera nemici. Precisa anche che non c’è stata una causa contro l’AMP ma contro un moderatore della lista AMP-messager e contro un’altra persona che aveva inviato un messaggio.

 

Roberto Cavasola è ottimista, anche se non è d’accordo con l’idea della commissione al posto della passe d’ingresso. Quello che gli piaceva della passe d’ingresso è che c’era tutto un lavoro di elaborazione per cui anche quelli che presentavano qualcuno dovevano a loro volta presentarsi.

 

Carmelo Licitra-Rosa propone a J.-A. Miller di inserire nella commissione anche i passeur.

 

Luca Zendri sul nome della Scuola vorrebbe che ci fosse “orientamento lacaniano”. Chiede scusa per un errore commesso in una e-mail da lui inviata.

 

Pietro Bossola parla di un lavoro fatto a Milano intorno alla questione della lettura di Miller, di una serie di laboratori dove si discutono le proprie impasse di lavoro. “Si tratta di un momento produttivo”.

 

Antonio Di Ciaccia: “Mi è stato chiesto chi può fare la domanda di entrare nella Scuola. Tutti i presenti”.

 

Jacques-Alain Miller: “Tutti i presenti. Dopo, la discussione dell’eventuale commissione sarà su come accettare le domande”.

 

Domenico Cosenza fa presente che a Milano le cose stanno cambiando, che si è riusciti a costituire una comunità di lavoro intorno alla clinica, mentre prima c’era una enorme difficoltà a parlare di quello che si faceva nella propria pratica. Quindi da un lato si sono create delle comunità di lavoro, dall’altro delle persone che si erano allontanate dalla Scuola sono ritornate. Un’altro punto è stata la crisi attuale della Scuola dove però le persone interessate “non sono entrate in dialettica nella comunità milanese rispetto a questa crisi”. Nei momenti pubblici organizzati per discutere quanto accaduto dopo il 18 dicembre “sia Maiocchi che Binasco sono rimasti in posizione silente”, di questo è stato molto amareggiato. Tuttavia il loro silenzio è molto circoscritto, dato che quello che emerge ora a Milano “è un nuovo stile di lavoro collettivo che è molto palpabile”.

 

Carlo Viganò si augura che questo modalità di lavoro di cui parlava Cosenza possa diffondersi anche nelle altre sedi locali. E’ d’accordo anche con l’idea della commissione d’entrata. Cita una frase di Miller dalla Dichiarazione della Scuola Una: “Scuola i cui membri non reclamano dalla società alcun privilegio di extraterritorialità, ma si attivano nella vita quotidiana e nella vita intellettuale del loro tempo per far passare ciò che della politica lacaniana è suscettibile di trasmettersi a tutti e di avere un’incidenza reale”. “Definire così una Scuola”, dice Viganò, “definisce fondamentalmente una posizione del soggetto che allora può essere solo sì o no”. Allora il tempo per comprendere inizia adesso e riguarda il che cos’è la Scuola Una e il che cos’è la nuova Scuola, che è sì il prodotto della nostra storia, ma non si tratta di perder molto tempo sul perché si scioglie la Sisep. “C’è da comprendere cos’è la Scuola oggi, dove chi dice sì, è incondizionatamente in una posizione di Scuola Una”. Tutto questo produce quel lavoro collettivo di cui parlava Cosenza. Quindi al di là di quanto è accaduto nel passato, si tratta di vedere “ciò che può rifondare oggi un lavoro nel sociale che non sia un lavoro extraterritoriale come stava diventando la nostra Scuola”.

 

Panayotis Kantzas propone una metafora, ricordando che forse non a caso ci si trova in un luogo che si chiama “Ospedale degli innocenti, un luogo in cui venivano accolti i bambini che erano il frutto del peccato, ma che erano anche il frutto della passione, di amori appassionati. Tuttavia nel momento in cui il bambino passava quella ruota non era più considerato un frutto del peccato ma era innocente. Entravano in questa sala: la Sala dove c’erano le balie, le donne che nutrivano i bambini. E noi pure siamo delle balie e la Scuola è questo bambino che ha bisogno di essere nutrito e che passa da un seno all’altro”.

 

Jacques-Alain Miller: “Le questioni di ammissione in questo momento non sono un problema burocratico, sono questioni legate alla costituzione stessa della comunità, con il paradosso del creazionismo a partire dal niente. Con l’AMP è un punto di Archimede. La decisione c’è una sola volta, dopo ci saranno le discussioni, le assemblee ordinarie, ma questo è un momento prezioso, quasi unico, molto raro, un momento di creazione”.

 

Luisella Brusa interviene sul clima di rifondazione che c’è a Milano: “E’ come se a Milano fosse in atto la trasformazione di quello che era un punto di resistenza in una nuova Scuola”. Un primo punto di discontinuità è stato rappresentato dal 18 dicembre con una dichiarazione pro o contro l’AMP. Un secondo momento di discontinuità è stata la Dichiarazione della Scuola Una, è come se “a partire da questi due momenti di discontinuità sia stato possibile ottenere un riferimento sulla continuità del desiderio di ciascuno di quelli che lavorano nella Scuola a Milano”. Chiede un ripristino della passe e anche che nella nuova Scuola sia riservato un posto a quelle istituzione terapeutiche che lavorano nel Campo freudiano in Italia, “nelle quali l’esperienza del legame con un orientamento clinico permette un lavoro effettivo”.

 

Massimo Termini interviene per dire che visti i mutamenti attuali in Italia nel servizi socio-sanitari, occorre essere presenti con una Scuola.

 

Jacques-Alain Miller: “Sarebbe utile preparare la sessione di domani con alcune questioni da trattare. La questione dell’Istituto, la questione dei gruppi del Campo freudiano, le pubblicazioni, la passe. Domenica mattina: l’Istituto con alcune esigenze nuove delle autorità statali e nuove astuzie nostre, per continuare ad andare avanti con l’Istituto, e la discussione sulla relazione tra nuova Scuola e Istituto. Gestione dell’Istituto, decisione da un lato, dibattito dall’altro, come è stato presentato a Milano. I gruppi del Campo freudiano”.

 

Carlo Viganò propone di legare la questione delle istituzioni terapeutiche con quelli che si sono chiamati finora gruppi di ricerca e coordinamento del Campo freudiano. Per cominciare a “configurare una politica della Scuola rispetto alla organizzazione sociale del godimento, del sintomo […] e quindi come intendiamo il lavoro à plusieurs in questo terreno, nel senso che tutti devono essere lacaniani oppure si tratta di indurre nel gruppo certi criteri di interrogazione soggettiva?”.

 

Jacques-Alain Miller: “Il punto Istituto legato al punto istituzioni terapeutiche e ai gruppi del Campo freudiano, tre punti legati, quarto, una discussione sul tema del primo Convegno scientifico della Scuola a Torino. Il tema di questo primo Convegno, per discutere. Quinto, della seconda Conversazione a Torino. Perché nel calendario abbiamo previsto l’assemblea straordinaria di scioglimento a Bologna, la seconda Conversazione sarà a Torino. I temi sono da discutere domani. Forse le pubblicazioni previste e le collane, perché ci sono molte collane: Franco Angeli, Astrolabio, Bruno Mondadori, Einaudi, sarà utile una discussione sulla politica editoriale molteplice di questa nuova Scuola. Sei temi: Istituto, istituzioni terapeutiche, gruppi del Campo freudiano, tema del primo convegno scientifico, tema seconda Conversazione e politica editoriale.

 

Panayotis Kantzas: “Relazioni esterne?”.

 

Jacques-Alain Miller: “E relazioni esterne con il mondo”.

 

***

 

Domenica mattina

Jacques-Alain Miller: “Innanzitutto le domande di adesione. Ieri sera erano novantatré, oggi sono novantasette e la lista resta aperta. Bisogna scrivere il proprio indirizzo elettronico, il fax o un numero di telefono. Quindi arriveremo a un centinaio di domande di adesione. Non formerò una commissione di ammissione. Mi informerò io stesso. C’è un certo numero di persone che conosco, poi queste persone che conosco conoscono a loro volta delle persone che io non conosco. Questo permetterà di prendere almeno la prima parte dei nuovi membri in maniera piuttosto sicura e rapida. E una volta presi i primi membri sarà tutto più facile e naturalmente dopo sarà molto più difficile, ma per questo abbiamo ancora del tempo. Quindi questa è la procedura più ridotta e spero anche la più trasparente e la più oggettiva, in ogni caso dei primi cento membri sarò il diretto responsabile. Dunque se ci saranno degli errori e ce ne saranno certamente, potrete indirizzarvi a me e farò del mio meglio per spiegare e correggere gli errori. Questo riguarda l’inizio, poi ci saranno delle istanze e io non mi occuperò più della questione. Secondo punto ciò che concerne il nome della Scuola. Sembra che ci debba essere al tempo stesso un riferimento a Freud e un riferimento a Lacan. Non possiamo fare un’invenzione prodigiosa a questo proposito, quella che sembra la posizione intermedia, ne abbiamo parlato ieri sera con un certo numero di amici, sarebbe il nome seguente: Scuola lacaniana di psicoanalisi del Campo freudiano. Ci sono obiezioni a questo nome? C’è una proposta veramente superiore? Si può ancora cambiare. Però penso che al punto in cui siamo arrivati possiamo veramente accelerare un po’ le cose. Penso che si possa fare un’associazione provvisoria fino a che non ci mettiamo d’accordo sugli statuti di cui non abbiamo ancora parlato. La cosa che sembra più operativa è quella di dichiarare legalmente, un’associazione intitolata: Scuola lacaniana dell’AMP, con la stessa direzione provvisoria della Sisep. Perché a ogni modo se la Sisep si scioglierà tra un mese, la direzione non avrà più niente da fare. Dunque un direttivo, un segretario, un consiglio provvisorio composto da Mazzotti, Recalcati, Daubresse, al quale si potrebbe aggiungere come assessore Bassols per l’EEP, io stesso per l’AMP e Gennie Lemione in rappresentazione di Gennie Lemione. Sarà un’associazione con degli statuti minimi e permetteranno la convocazione della prima assemblea della Scuola. Il risultato è che tutto ciò semplificherà la proposta di dissoluzione della Sisep, perché potremo scrivere: ‘Il patrimonio della Sisep andrà a questa Scuola e ad altre associazioni che potranno formarsi, pensando a quelle associazioni che potrebbero eventualmente creare Annalisa Davanzo, Maria Teresa Maiocchi, Mario Binasco, nei mesi successivi. Credo che si debba fissare un limite nel tempo, un limite molto ampio, perché ognuno ha il suo tempo, ma questo tempo non può durare all’infinito. Quindi penso che il tempo buono sia il mese di dicembre del 2001. Vale a dire che il patrimonio della Sisep in base al numero dei membri che aderiranno a ciascuna associazione andrà alle Scuole dell’AMP e ad altre eventuali associazioni che potrebbero essere create prima del dicembre del 2001. Quindi ci sono circa due anni affinché il processo di creazione dei Forum si realizzi e termini. Non credo che si possa essere più gentleman. Abbiamo già cominciato un po’ a progettare la Scuola e la questione degli statuti potrebbe essere uno dei temi di discussione della riunione di Torino. Questa mattina dobbiamo parlare dei gruppi del Campo freudiano, dell’Istituto nella sua relazione con la Scuola, sulla base degli altri paesi, il tema del congresso scientifico di Torino, della politica editoriale e poi di altri argomenti che possono emergere durante la discussione. Viganò vuole cominciare sui gruppi del Campo freudiano?”.

 

Carlo Viganò parte da un’osservazione di Angelo Villa: “Che il lavoro sul testo resta fortemente separato dalla realtà quotidiana del lavoro”, a questo problema i quattro gruppi di coordinamento hanno cercato di dare una risposta in quattro campi: psicosi, bambini, tossicodipendenza, medicina. Sulla figura del terapeuta prodotto dall’Istituto la proposta di Viganò in passato era stata quella di: “Qualcuno in grado di assumere un’autorità clinica dell’organizzazione sociale della salute”. Ricorda anche che ci sono due seminari di J.-A. Miller (Le partenaire-symptôme e L’Autre qui n’existe pas) che costituiscono una messa a punto delle trasformazioni sociali e della loro incidenza sulla clinica e sul sintomo. Queste trasformazioni sociali vengono riassunte così: “Primo, la competenza dello psicoanalista passa da ciò che si rubrica sotto il termine ‘psi’ a qualcosa che noi rubrichiamo sotto il termine politica, a questo corrisponde una evoluzione teorica nel campo della clinica e corrisponde anche una trasformazione sociale, oggi si fa ingegneria del godimento e non terapia della salute”. Questi temi sono affrontati dalla società capitalistica in termini di “recupero del danno”, “recupero dell’handicap sociale”, noi invece “interpretiamo l’intervento sul godimento dal punto di vista della sua soggettivazione”. Secondo, il passaggio da un intervento centrato sul sintomo, a un intervento di rettifica preliminare: “rettificare la posizione del soggetto nel suo rapporto al reale del suo godimento”. Ci troviamo di fronte a sintomi sociali che sono sempre meno soggettivati, c’è, come diceva Laurent una “generalizzazione del sintomo”. La soluzione apportata dai gruppi di ricerca e coordinamento è stata quella di “organizzare dei momenti di espressione del lavoro che si svolge nella Scuola, molto legato all’idea della conversazione, come le giornate organizzate a Venezia e a Urbino”. La proposta di Viganò è che quanto “si spende nei propri gruppi venga a fare sempre più parte integrante della Scuola” si richiama all’Atto di fondazione di Lacan e alla ripartizione tra: psicoanalisi in estensione, psicoanalisi applicata e estensione del Campo freudiano, e alla Dichiarazione della Scuola, dove si parla di “non extraterritorialità”, quindi una Scuola posta all’interno della trasformazione sociale. Due sono i punti da sviluppare: primo, “il compito per cui la Scuola contribuisce a passare nell’organizzazione sociale dall’anonimato della rete all’animazione del lavoro di gruppo, cioè al confronto tra gli operatori al livello del desiderio”. Il secondo punto è quello della “rete clinica”, nel senso di “luoghi dove il transfert è trattato nell’orientamento lacaniano”. E, come esempio di questa rete, Viganò cita il Brasile.

 

Gennie Lemoine ritiene che non si possa impiegare l’espressione “psicoterapueta lacaniano”.

 

Antonio Di Ciaccia precisa che per Lacan era ben chiara la differenza tra psicoanalisi e psicoterapia, ma per lo Stato questa distinzione non è affatto chiara. Lo Stato è partito dall’idea che è psicoterapia qualunque terapia che si basi sulla parola e non sul corpo. “Per cui il termine psicoterapia utilizzato da noi non ha lo stesso senso di quello utilizzato dagli altri. L’ordinamento di legge scrive quella parola lì che noi non possiamo cambiare, possiamo invece cambiare il punto di vista culturale”.

 

Jacques-Alain Miller: “E’ una questione di nominazione, c’è il nome che uno si dà e c’è il nome dato dagli altri. Psicoterapeuta è il nome che l’Altro statale ci dà”.

 

Antonio Di Ciaccia risponde a Gennie Lemoine sulla questione del titolo di psicoterapeuta, dicendo che l’Istituto freudiano non dà titoli analitici e la SPI ha fatto come noi: questi titoli sono dati, per noi, dalla Scuola lacaniana. “Questo è stato scritto fin dall’inizio, ed è stato accettato dallo Stato”.

 

Adriana Monselesan ritiene che questa sia una particolarità italiana. “Io mi sento non solo lacaniana, ma laicaniana” nel senso che ridurre la formazione ai soli psicologi e medici, comporta il ridurre non solo il campo della formazione ma anche quello della psicoanalisi. La sua questione è: “come la Scuola possa fare da mediatore rispetto a questo problema”. Propone che la passe d’entrata possa prevedere un titolo del tipo “analista praticien”.

 

Carlo Viganò sottolinea il problema dell’impatto dello psicoanalista con tutti i livelli della professionalità. Il medico, l’infermiere, l’insegnante di sostegno sono tutte figure che intervengono nel campo della salute mentale e rispetto alle quali la psicoanalisi ha una competenza. Si tratta quindi di “come sviluppare la competenza psicoanalitica di queste figure e non solo dello psicoterapeuta”. Il grande problema allora non è quello della psicoterapia, ma di come la Scuola possa raggiungere quegli operatori sociali che utilizzano la psicoanalisi a diversi livelli.

 

Erminia Macola ritiene che il compromesso che l’Istituto ha dovuto accettare con lo Stato si è trasferito alla Scuola, nel senso che anche la Scuola ha accettato tacitamente che bisogna essere prima psicologi o psichiatri per diventare psicoanalisti. Non chiede alla Scuola di essere fuorilegge ma “non vuole che la Scuola sia connivente”, che taccia sul fatto che lo studio della psicologia possa servire per diventare psicoanalisti.

 

Panayotis Kantzas chiede quanti dei presenti sono disposti a lavorare fuorilegge, a essere denunciati, e se la Scuola ha la forza rispetto alla legge di garantire queste persone. Oppure se non è il caso di restare con la nostra identità in un contesto che è quello attuale e di muoverci al suo interno.

 

Gennie Lemoine: “Tutti i compromessi sono ammessi, salvo quello di perdere Freud e Lacan”.

 

Luca Zendri a partire da una frase di Di Ciaccia secondo cui: “Dire io sono uno psicoanalista e io sono Napoleone sono la stessa cosa” ritiene che il problema dello psicoanalista nelle istituzioni, a partire da questo, non si pone. “Le istituzioni dobbiamo farcele noi, la USL non è in nessun modo compatibile con una pratica che sia la nostra, a meno di non effettuare un inserimento interstiziario”. Quindi creare delle istituzioni e non pensare a una “lacanizzazione della USL”.

 

Carmelo Licitra-Rosa interviene sul problema Scuola-Istituto. “C’è una logica della Scuola che non è quella della Sezione clinica e quindi dell’Istituto”. Propone che il tema scientifico di Torino sia una studio di queste due logiche. Secondo punto: non è d’accordo con la Macola sull’inutilità dello studio della psicologia, è invece utile conoscerla per poterla poi respingere. Terzo punto non si può fare a meno di una politica, che deve essere quella di una lotta dall’interno delle istituzioni con l’intento di cambiarle.

 

Michele Bianchi è d’accordo con Zendri. Si chiede: “E’ possibile una pratica à plusieurs al livello dell’applicazione interstiziale nelle istituzioni già esistenti oppure no?”. Ritiene che il tradimento di Freud, di cui parlava la Monselesan, non ci sia, perché “non c’è nessuna fedeltà a Freud a priori, piuttosto c’è una fedeltà a Freud da costruire successivamente”.

 

Jacques-Alain Miller: “Innanzitutto sono colpito dalla passione che coglie l’assemblea su questa questione, ne concludo che potrebbe essere un ottimo tema per il primo convegno scientifico della Scuola a Torino. A condizione di aprire uno spazio clinico a questo proposito. Potrebbe essere: La legge e la psicoanalisi. Potrebbe essere anche: La legge, la norma e la psicoanalisi; perché la legge e la norma non sono la stessa cosa: la legge è un fiat simbolico, la norma è un mezzo empirico. Quindi bisogna costruire una dialettica tra la legge e la norma. Si può anche arrivare a dire che la legge non è assolutamente normale. Quindi avremmo già un titolo divertente: La normalità della legge; oppure: Le patologie della legge. Comunque si tratta di una tesi che è stata sviluppata da filosofi importanti, che lo Stato è una specie di tumore sulla società. In maniera tale che non si tratterebbe solo dello scioglimento della Sisep e dell’Istituto, ma dello scioglimento dello Stato, del resto ci sono degli importanti movimenti politici che hanno preso come oggetto la dissoluzione dello Stato. Per esempio il movimento comunista internazionale aveva come obiettivo lo scioglimento della forma statale. Ma in ragione di un misterioso disfunzionamento della storia, questo movimento comunista ha fatto nascere degli Stati enormi e potenti che non si erano mai visti. Dunque il tema è molto interessante a condizione che gli si dia tutta la sua estensione storica, filosofica e anche clinica. E lì si possono portare dei casi clinici in cui si vede l’incidenza patologica della legge, del resto abbiamo visto nella Conversazione di Roma il caso di un bambino dove questo era assolutamente percepibile. Secondo punto. Possiamo dire: lo Stato in fondo non può riconoscere la psicoanalisi. Non può percepire quello che noi percepiamo. In fondo non dobbiamo affrettarci a dire questo, perché lo Stato dà tutto il posto alla religione, mentre in fondo la religione mette in relazione l’uomo con delle potenze invisibili, che lo Stato non conosce. Non possiamo mettere delle tasse sul Paradiso o l’Inferno. C’è comunque tutta un’organizzazione che accoglie le persone nell’Inferno o in Paradiso e che sfugge completamente all’organizzazione dello Stato. E in fondo lo Stato l’accetta. E’ evidente che è un po’ più complicato perché all’inizio lo Stato ha dovuto separarsi dal dominio del sacro e della religione. E d’altra parte in tutto l’Occidente c’è stata una guerra tra lo Stato e le organizzazioni religiose, finché la Chiesa non ha ammesso anche lo spazio laico. Oggi appare più o meno dappertutto compatibile lo stato e l’organizzazione religiosa. Ma è vero che il concetto del ‘bene per tutti’ vale sia per lo Stato che per le organizzazioni religiose. Mentre il tema del godimento di ciascuno non è collettivizzabile alla stessa maniera. Allora che cosa è successo dal punto di vista storico della psicoanalisi. Se prendo l’esempio della Francia: bisognava essere medico per praticare la psicoanalisi, questa era la legge. Nel 1953 c’è stato un celebre processo intentato alla signora Willams, che praticava la psicoanalisi senza essere medico. Ci sono stati dei professori che sono venuti a testimoniare in suo favore, e credo che comunque sia sfuggita a una pesante condanna per esercizio illegale della medicina. Nella stessa epoca Jean Lapanche, allievo dell’Ecole Normale Supérieure, studente di filosofia, chiede un analisi a Lacan e dopo un certo periodo ha intenzione di diventare psicoanalista, e Lacan gli dice: ‘Studiate medicina’. E Jean Laplanche che è già laureato in filosofia, fa degli studi di medicina e diventa medico. Nel 1963 Eric Laurent che era in analisi da Lacan e che era allievo dell’Ecole des Hautes Etudes Commerciales, dice a Lacan di voler fare degli studi di medicina per diventare psicoanalista e Lacan gli moltiplica per due il prezzo delle sedute, e Laurent capisce che non studierà medicina. Allora che cosa è successo nel periodo tra Laplanche e Laurent. E’ successo che lo Stato non ha fatto altri processi dopo il processo Willams e progressivamente è stato ammesso nella società che gli psicologi potessero praticare la psicoanalisi, e quindi si è diffusa l’idea della psicoterapia, che consiste nel parlare con i malati e nella società c’è l’idea che più o meno tutti possono fare questo, e che in fondo sia una professione piuttosto squalificata. Ma attualmente in Francia sono solo i medici e gli psicologi a essere abilitati a fare questo. Ci sono in Francia dei professori di psichiatria che vorrebbero instaurare il sistema italiano per dominarlo e i sindacati degli psicologi vi si oppongono considerando che il fatto di essere psicologi permetta di essere psicoterapeuti. Possiamo dire che il movimento va nella buona direzione, cioè che dalla psicoanalisi legalmente riservata ai medici, siamo passati alla psicoanalisi per medici e psicologi, ma c’è sempre un resto. Sono molto colpito dalla dichiarazione di Erminia Macola, ma non c’è altra maniera se non quella di passare l’esame idiota. Laurent non ha fatto gli studi di medicina però ha fatto gli studi di psicologia, a quel tempo. E quindi non c’è nessuna potenza al mondo che possa autorizzarvi a non fare ciò che è prescritto dallo Stato, persino la Chiesa dice: rendete a Cesare quello che è di Cesare. Penso che nei regolamenti della nuova Scuola bisognerà dire che la Scuola invita tutti i suoi membri a rispettare le leggi in vigore in Italia. Il che non impedisce di esplorare gli spazi interstiziali che esistono sempre. Credo che Panayotis Kantzas abbia messo il dito sulla questione essenziale di oggi: sono le denuncie dei pazienti. Voi sapete fino a che punto l’esercizio della medicina, della psicologia e della psicoanalisi è dominata da questo timore della denuncia. Ciò che obbliga tutti coloro che praticano negli USA ad avere delle assicurazioni molto importanti e questa giuridicizzazione sta per avvenire anche in Europa. Ne abbiamo degli esempi recenti, ed è senza appello, la Scuola non potrà difendere nessuno dei suoi membri che non sia in regola con la legge italiana. Individualmente i membri potranno apportare delle testimonianze di fiducia, di moralità, di solidarietà. Ma la Scuola in quanto entità non potrà ingaggiarsi in un processo simile. Dunque si tratta di passare questo esame”.

 

Bassols e Palomera devono partire, vengono sostituiti da Mazzotti e Recalcati.

 

Roberto Cavasola ricorda che c’è un decreto del Ministero di Grazia e Giustizia grazie al quale, per esempio, Anne Dunand ha ottenuto l’autorizzazione a praticare la psicoanalisi senza avere una laurea né in medicina né in psicologia.

 

Giuliana Grando riprende il problema del collegamento tra i gruppi e la Scuola. Ricorda le giornate di Venezia e Urbino con Laurent, dove c’è stata la possibilità di un collegamento tra chi lavora nelle istituzioni e la Scuola. Propone un lavoro “di scioglimento e di riflessione su questi gruppi” che si erano formati.

 

Jacques-Alain Miller: “A proposito dei gruppi del Campo freudiano. In tutti i paesi del Campo freudiano dove c’è una struttura della Scuola con le sue regole e le sue pesantezza, con la sua regolare permutazione, con i suoi resoconti alle assemblee, abbiamo sviluppato dei gruppi che sono una sorta di franchi tiratori, vale a dire delle truppe non regolari dal punto di vista della struttura istituzionale, che agiscono a margine delle regole della Scuola. In generale questi gruppi sono legati direttamente alla fondazione del Campo freudiano e sono molto diversi rispetto al loro funzionamento, al tempo stesso alcuni hanno avuto un grande successo. Il Cereda, il gruppo sui bambini diretto dai Lefort si è sviluppato a un certo punto in America Latina ed è molto presente in Francia. Un altro gruppo per bambini si è anche sviluppato in certi Paesi, si chiama Cien: centro interdisciplinare per lo studio del bambino. In Spagna c’è una rivista sulla quale scrivono non soltanto degli psicoanalisti, ma specialisti dell’infanzia di diverse discipline. In Argentina c’è un gruppo per le tossicomania e l’alcolismo che ha una grande utilità di gruppo. In Italia ci sono stati quattro gruppi che sono rimasti molto italiani, intendo dire che non sono stati presi nella rete internazionale degli altri gruppi, o quantomeno poco, non conosco i dettagli. A mio parere sono un po’ caratterizzati da una certa provincializzazione che ha regnato in Italia. Una maniera di rinnovare la questione sarebbe di ristabilire dei legami con questi gruppi internazionali. Forse ci vuole qualcos’altro in più, forse proprio perché siamo in questo momento di formazione di una nuova Scuola. Mi sembra che al tempo stesso la Scuola non debba controllare questi gruppi, perché se ci sono controlli finisce per prenderli nella sua regolarità e questi gruppi devono mantenere qualcosa di irregolare. Però al tempo stesso penso che la nuova Scuola debba volere che le si renda conto di quello che succede in questi gruppi. E penso che questo aiuterà questi gruppi che non hanno veramente un interlocutore. Penso che la nuova Scuola debba essere interlocutrice di questi gruppi del Campo freudiano. E vi proporrò quello che ho pensato ascoltando il dibattito. Che si crei un centro, un centro di ricerca istituzionale con dei dipartimenti, dipartimento psicosi, bambini, tossicomania, medicina, anoressia-bulimia. E occorre pensare qualche regola per il funzionamento di questo centro e di questi dipartimenti, delle regole che siano le più leggere possibili e che poi questo centro renda conto nel corso dell’Assemblea generale delle sue attività, senza che ci sia un voto su queste attività. Non so se questa idea sia valida, mi è venuta adesso. E’ un tentativo per rendere compatibile il carattere autonomo di questi gruppi e la loro organizzazione con la Scuola, aggiungendo un minimo di formalizzazione per sostenerli perché loro stessi conoscano il sistema del Campo freudiano in Italia. In questa Conversazione esaminiamo l’insieme del Campo freudiano in Italia. La stessa cosa vale per l’Istituto perché si ponga fine alla guerra tra Scuola e Istituto. Penso che una volta all’anno all’interno dell’Assemblea generale nella Scuola si possa rendere conto delle attività dell’Istituto, non si voterà su questo, però l’Assemblea generale può ascoltare il resoconto delle attività dell’Istituto, in quanto l’Istituto fa parte del sistema del Campo freudiano in Italia, perché l’Assemblea generale sarà comunque il luogo più aperto in cui si può ascoltare il resoconto di tutte le attività del Campo freudiano in Italia, senza mettere in causa l’autonomia dei gruppi o quella dell’Istituto”.

 

Rosa Elena Manzetti ricorda che il problema dei gruppi era stato affrontato, con Judith Miller, già all’epoca in cui lei era presidente della segreteria della Sisep, sull’opportunità cioè di tener conto di membri che lavoravano in istituzioni diverse. Si è posta però in questi ultimi anni “la necessità di trovare un coordinamento meno precario”. Ritiene che la proposta fatta di Miller possa essere utile per rinnovare e sostenere il lavoro dei gruppi. A proposito della questione psicoterapia/psicoanalisi è d’accordo sulla necessità di dover rispettare la legge. La questione quindi non è l’Istituto freudiano ma la legge di cui occorre tener conto e trova interessante questa possibilità di discutere una volta l’anno delle attività dell’Istituto. Sul convegno di Torino spera, anche per motivi organizzativi, che si stabilisca presto il tema del convegno e il nome della Scuola.

 

Jacques-Alain Miller: “Parlerò su una questione di clinica, ho detto che Erminia Macola non aveva altra soluzione se non quella di passare questo esame. C’è un’altra soluzione, ma non posso consigliargliela. Di andare davanti al Palazzo di Giustizia di Roma o davanti al Senato, di incatenarsi davanti al cancello e di iniziare uno sciopero della fame e di attirare l’attenzione dei media. Forse così riuscirà a dare avvio a una grande campagna popolare contro la legge Ossicini. Ho sempre avuto una grande simpatia per questo genere di movimento. Questo è il mio lato sinistroide che reprimo. Ma una opzione che è sempre offerta al cittadino è quella di militare per l’abolizione di una legge. Non so se ci siano abbastanza colleghi per costituire un movimento contro questa legge”.

 

Erminia Macola fa presente che ha presentato un ricorso per poter sostenere questo esame all’infinito anche se non è d’accordo con la legge attuale. Ricorda che a Trento c’è un processo contro una persona che esercitava senza essere né psicologa né psichiatra, e si è in attesa di vedere come si risolve questo processo, visto che potrebbe costituire un precedente. “In ogni modo accettare senza colpo ferire questo, vuol dire accettare che la psicoanalisi venga cancellata”.

 

Jacques-Alain Miller: “Non bisogna gonfiare troppo le cose: Lacan consigliava a Laplanche che non era indegno fare degli studi di medicina. Non è nel nostro interesse dire che lo Stato cancella la psicoanalisi”.

 

Erminia Macola: “Ma allora di cosa parliamo a Torino se la questione è già risolta così?”.

 

Jacques-Alain Miller: “A Torino si fa un convegno scientifico, non si parla della legge italiana. Si tratta di studiare la clinica della legge, l’aporia della legge in generale. Va nella sua direzione, ma nel senso del pericolo rispetto al giudicare gli altri. La legge vista dalla prospettiva clinica è una cosa molto pericolosa. Dalla prospettiva della legge, lei sorveglia la pericolosità degli altri, ma la pericolosità della legge è un tema che ci riguarda. Sull’organizzazione dei gruppi, propongo il titolo: Centro italiano di ricerca istituzionale specializzata, il Ciris. Si tratta di pensare il funzionamento, i dipartimenti, una certa permutazione interna, a Torino si può studiare e proporre. Sull’Istituto ci sono alcuni problemi. Una notizia di poco fa, c’è bisogno di professori universitari per dare alcune materie. C’è una novità: lo Stato considera che c’è bisogno di dare gli insegnamenti di psicologia, di storia dello sviluppo ecc. e questi insegnamenti devono essere dati da professori universitari, è il primo ingresso dello Stato nel terreno stesso degli Istituti, si tratta di una chirurgia celebrale. Come rispondere a questa nuova esigenza? C’è bisogno di riunire i titoli che rispondano alle esigenze statali, faccio appello a quelli tra voi che rispondono a questi criteri legali per venire a insegnare nell’Istituto. Vale a dire, quelli tra voi che sono professori ordinari, professori associati dell’Università, professori a contratto dell’Università, ricercatori confermati, faccio appello se vogliono entrare negli insegnamenti dell’Istituto.

 

Alcune persone si propongono.

 

Jacques-Alain Miller riprende alcune questioni circa il programma dell’Istituto, che è cambiato secondo i dettami ministeriali. “Ho discusso con Antonio Di Ciaccia della possibilità di aprire una seconda sede dell’Istituto. Abbiamo deciso di aprire una seconda sede dell’Istituto a Milano, naturalmente questo prenderà del tempo. Prenderà del tempo perché bisogna consegnare la domanda, bisogna che ci siano i locali, bisogna che i professori siano differenziati tra Roma e Milano. Bisogna presentare un progetto al Ministero, un budget, assumere del personale, aprire una biblioteca. Bisogna avere a Milano tutto quello che c’è a Roma e quindi questo richiederà un certo tempo. Questo farà sì che ci sarà un Istituto con due sedi. Ci sarà un unico presidente: Di Ciaccia; un unico Comitato Scientifico, e un direttore per Roma e un direttore per Milano, che saranno regolarmente permutati. Perché questa decisione? Se si prende la lista di coloro che sono presenti qui, vediamo subito qual è il gruppo più numeroso: Milano 38 persone, Roma 25, Bologna 10, Venezia 11, Torino 7 ecc. E’ certo che a Milano, per ragioni evidenti e anche storiche, possiamo aprire una seconda sede dell’Istituto. Non so quale sarà il tempo necessario per la realizzazione. Dipende dai fondi dell’Istituto o degli aiuti che potremo trovare per realizzare questa seconda sede, ma mi sembra che questo corrisponda alla dinamica che sperimentiamo anche all’interno della Scuola. Questa è una decisione presa, ora si va alla discussione”.

 

Moreno Blaschovic ritiene necessaria in Italia la presenza dell’Istituto rispetto alla legge, “e credo che il lavoro dell’Istituto sia stato fondamentale anche per la Scuola”. Ricorda che in Italia, prima della legge Ossicini, l’Ordine dei medici aveva promosso delle azioni legali contro psicologi che esercitavano la psicoterapia ma non hanno mai vinto una causa. Ricorda anche che nella penultima stesura della legge Ossicini quando si parlava di psicoterapia c’era una parentesi dove si diceva: “Comprese quelle di ordine psicoanalitico”. In un incontro organizzato nel Veneto, Armellini e Ossicini avevano detto che quella parentesi sarebbe stata tolta nell’ultima stesura perché il movimento psicoanalitico italiano stava spingendo perché la psicoanalisi non c’entrava niente con la legge. Quindi lui crede che gli psicoanalisti che non sono nella legge potrebbero essere denunciati ma questi processi avranno gli stessi risultati di quelli intentati un tempo dall’Ordine dei medici contro gli psicologi che praticavano la psicoterapia.

 

Luigi Colombo sostiene che l’Istituto non è un impedimento al lavoro della Scuola ma che anzi “costituisce una delle porte d’ingresso nella Scuola”. La sua esperienza precedentemente a questa fase della Scuola era che “il testo di Lacan costituiva un nascondiglio”, mentre il lavoro sul testo al quale ci ha abituati Miller porta a “rispondere alle esigenze della clinica nel modo più preciso attraverso il lavoro di Lacan”. Pensa anche che il lavoro in istituzione sia affine alla logica di lavoro per arrivare alla Scuola, cioè un lavoro à plusieurs: “Un tipo di lavoro che non suppone la domanda del soggetto sofferente ma che mette in condizione il soggetto sofferente di effettuare quella che è la sua propria domanda ed è in questo senso quanto di più vicino c’è alla psicoanalisi”.

 

Adelio Cocci sostiene che l’Istituto freudiano “fa sintomo a se stesso” nel senso che c’è una legge da rispettare ma che c’è anche dell’altro. Fa l’esempio di Basaglia che era nelle istituzioni eppure è riuscito a portare avanti un discorso particolare. Considera importante sia il fatto che il nome della Scuola contenga il significante “lacaniana”, sia l’apertura di un altro “Istituto-sintomo” a Milano.

 

Luca Zendri propone per la Scuola una rivista pubblicata esclusivamente su Internet.

 

Patrizia Gilli interviene per ribadire che la legge sulla psicoterapia non può essere messa in discussione, dall’altro però è importante che ci sia una tutela della psicoanalisi e a questo riguardo la Scuola deve intervenire.

 

Carlo Viganò ritiene importante la possibilità di mettere in relazione il lavoro analitico con legge e norma. Suggerisce di leggere sull’ultimo numero della Lettre mensuelle un articolo di Eric Laurent sul sintomo generalizzato, dove viene messo in evidenza come nella società contemporanea scompare la distinzione tra normale e patologico. Tutti rientrano nel DSM. Con la conseguenza che abbiamo un giuridicismo sempre più esasperato, cioè il ricorso alla legge come ultima istanza per sancire di tutto. Quindi è importante dire come la psicoanalisi si orienta rispetto a questo giuridicismo. Si dichiara entusiasta per l’idea del Ciris, tenendo conto anche della situazione attuale dove le istituzioni pubbliche si aprono al privato e alle cooperative. Forse in Lombardia sarà possibile tra poco che la cooperativa gestisca una parte di salute mentale del territorio, ecco quindi che in questo centro si potrebbe incominciare a studiare le leggi per capire come utilizzare i possibili “interstizi”.

 

Giuliana Kantza’ ringrazia Miller per l’annuncio dell’apertura di un Istituto a Milano. Sulla questione Scuola/Istituto occorre liberarsi dall’idea di un accentramento di potere di una parte o dell’altra per poter affrontare il problema della psicoanalisi. Si dice colpita da un’espressione: “la tutela della psicoanalisi”, in realtà si tratta di amare o curare la psicoanalisi, ma non di tutelarla “perché Lacan è forte e non ha bisogno di tutela”. Sul versante dell’Istituto, ricorda che si è cercato di impartire un insegnamento che non fosse di tipo universitario, dove cioè passasse qualcosa della psicoanalisi. “Non basta che ci sia un’etichetta imposta dalla legge perché impedisca che ci sia qualcosa di analitico, così come non basta un etichetta che ci sia qualcosa di analitico perché veramente ce ne sia”.

 

Roberto Cavasola fa notare che è vero che l’Istituto funziona bene ma “è mancato un equilibrio tra quella che era la riunione dei docenti e la direzione di Antonio Di Ciaccia”. Cioè ci sono state delle iniziative e delle riflessioni su alcuni punti: come ammettere gli allievi, il modo in cui andavano fatti gli insegnamenti ecc., ebbene queste iniziative sono state limitate perché non c’erano abbastanza spazi. Si è creata “una spaccatura tra momenti di riflessione collettiva e momenti di decisione”. Secondo lui andrebbe trovato un maggior equilibrio tra “il presidente dell’Istituto e il consiglio dell’Istituto” anche rispetto a quanto prevede la legge “perché se sentissimo un avvocato forse ci direbbe che stiamo funzionando in modo illegale”. Anche se il vero punto è che ci sia uno spazio di discussione su alcune questioni, come per esempio i criteri di ammissione degli allievi, un punto che non è chiarissimo. Quindi al di là dell’efficienza con cui Di Ciaccia ha organizzato le cose, occorre fare chiarezza su alcuni punti, anche perché poi ci sono delle conseguenze che si ripercuotono sulla Scuola.

 

Silvano Posillipo fa presente che è molto importante fare subito il deposito su Internet delle sigle della Scuola e del Ciris. Sulla questione editoriale, annuncia l’avvio per Genova di conferenze telematiche al fine di raggiungere anche altre province. Auspica, anche tendo conto di quanto detto da Miller, che Agalma torni a essere pubblicata, al fine di organizzare una collaborazione costante con quegli intellettuali che si occupano di Lacan anche se non fanno parte della Scuola. “Bisogna cominciare a muoverci in relazione con gli altri”. Pone una domanda a Miller: “Quanto ha contato questo incontro con Etchegoyen in tutto quello che è avvenuto succesivamente?”.

 

Antonio Di Ciaccia tiene a precisare che l’Istituto freudiano funziona secondo la legge. Precisa inoltre che quando entrerà in vigore il nuovo ordinamento coloro che sono già iscritti continueranno a seguire il vecchio ordinamento. Ora nel nuovo ordinamento ci sarà un collegio dei docenti, che verrà fatto secondo l’ordinamento di legge, quindi con una rappresentanza degli studenti ecc. Ricorda inoltre che la Scuola si è trovata a muoversi insieme con altre Società psicoanalitiche e ciò ha comportato degli scambi reciproci. Inoltre il nuovo ordinamento prevede un garante che deve essere un professore universitario, che presenterà ogni anno il dossier al ministero accompagnato da due cogaranti e con J.-A. Miller si sono scelti: come cogaranti il prof. Roger Wartel, il prof. Giuseppe Maffei (che ha accettato solo perché ha detto “se c’è qualcuno che sarà capace di opporsi alla legge Ossicini sarete solo voi lacaniani”), e come garante il prof. Sergio De Risio.

 

Jacques-Alain Miller: “Siamo più o meno alla fine di questa mattinata, ho molto apprezzato lo stile di scambio di questa conversazione. Abbiamo chiarito molte questioni e siete riusciti a prendere alcune decisioni opportune che aiuteranno la formazione della Scuola, spero che questo stile di scambio segni l’avvenire della Scuola e che potremo tenere delle Assemblee generali in questo stile, poco formali e che permettono a molti di intervenire. Bisogna rilassare le Assemblee generali. Si devono poter porre delle questioni e che le risposte siano esplicative e chiare. Come è stato detto non siamo ancora riusciti a parlare della politica editoriale, lo faremo nella conversazione di Torino che sarà la seconda della Scuola. Credo che sarebbe di aiuto se potessimo avere un rapporto scritto su Internet, forse Recalcati potrebbe fare il panorama di quello che si pubblica nel sistema del Campo freudiano in Italia. Allo stesso modo si potrebbe avere un rapporto scritto sul progetto Ciris, diffuso via Internet, forse Rosa Elena Manzetti e Carlo Viganò potrebbero incaricarsi di farlo. Se in questa conversazione vogliamo parlare della questione strettamente legale in Italia, potrei forse avere la malizia di chiedere a Erminia Macola di scrivere qualcosa su questo. Nel senso che conosce le esigenze che si impongono a noi, che però deve trovare le formule che ci permettono di arrivare fino al limite dell’impossibile e del possibile. Per quanto riguarda la politica editoriale, penso che ci sia una grande questione che dovrà essere discussa a Torino, ed è quella di una rivista della Scuola. Da una parte c’è La Psicoanalisi e quindi si potrebbe dire la Scuola non ha bisogno di una rivista, ma d’altra parte possiamo anche dire: c’è un campo che possiamo definire per una rivista della Scuola. Potrebbe essere molto interessante per una Scuola discutere la sua propria rivista e quindi di appoggiarsi e di opporsi rispetto al significante che una rivista rappresenta per lei. A mio parere non dobbiamo trasformare La Psicoanalisi in una rivista della Scuola in quanto La Psicoanalisi ha una sua propria identità. Quindi possiamo definire una rivista della Scuola. Quando Posillipo ha evocato Agalma, è vero che sarei molto contento se ci fosse una rivista della Scuola che si chiamasse Agalma, nuova serie. Se Focchi e Barbui sono d’accordo di passare questo nome, potrebbe avere lo stesso formato di Agalma che non è in competizione con La Psicoanalisi, ed effettivamente essa potrebbe stabilire quei contatti che evocava Posillipo con l’ambito degli intellettuali. Ambito, che La Psicoanalisi non ha preso come vettore principale. E d’altra parte se si sviluppano le ricerche del Ciris, potrebbero trovare uno sbocco nella nuova rivista Agalma. Lasciamo la questione aperta fino a Torino, ma se c’era in Italia un posto per La Psicoanalisi e per Agalma prima della Scuola, non si vede perché non debba esserci dopo la Scuola. E non mi sembra che questo minacci La Psicoanalisi ma al contrario si tratta di sviluppare il sistema del Campo freudiano in Italia. Seconda considerazione che riguarda l’organizzazione del primo congresso scientifico a Torino. Mi piacerebbe che il Congresso nel suo insieme si svolgesse sul modello della Conversazione, cioè che gli interventi siano scritti e diffusi in anticipo, che vengano divisi in capitoli, e che a Torino si parli sui testi scritti. Perché guardate cosa siamo riusciti a scambiarci durante queste nove ore e non vorremmo passare nove ore a Torino restando silenziosi la maggior parte del tempo. C’è una dinamica della conversazione che tende a estendersi a tutti gli scambi che possiamo avere. Penso che se chiediamo dei testi per la fine del mese di marzo, questo dà tempo un mese per realizzare una brossura. A ogni modo, come responsabile dell’organizzazione Rosa Elena Manzetti può fissare i tempi. Voglio dire una parola sulla questione che poneva Posillipo a proposito dell’IPA e di Etchegoyen. Innanzitutto Posillipo a un certo punto a detto: ‘La psicoanalisi non siamo soltanto noi’ ed è vero. Ma è completamente vero? Quello che mi ha sorpreso e anche fatto paura, è fino a che punto ci siano delle cose della psicoanalisi che dipendono da noi. E’ un po’ quello che evocava prima Di Ciaccia: c’è un certo tipo di rapporto a Freud che è veramente molto vivo per noi e che non lo è altrettanto in altri gruppi. C’è un sentimento dell’originalità della scoperta di Freud e diamo una fiducia nella potenza della psicoanalisi che non è così condivisa. E quello che certi colleghi dell’IPA vengono a cercare da noi, lo vedo in America latina. Non è qualche paillette che otterremo sfregandoci tra di noi, ma è il contatto con una certezza che loro non hanno più. E questo fa sì che ci riservino un’accoglienza molto più calorosa di quanto noi non la riserviamo a loro. E’ questo ciò che evoca la Dichiarazione della Scuola Una, che anche se siamo modesti, dobbiamo ammettere di avere una grande responsabilità, perché nell’insieme l’IPA ha fallito, ha perso la bussola. Ed è tanto più evidente oggi in cui c’è una scissione internazionale all’interno dell’IPA. Il nuovo presidente dell’IPA, Otto Kernberg, che ho avuto la fortuna di incrociare a New York nel 1985 in una riunione dell’Istituto di New York - e quindi a quell’epoca avevamo un po’ parlato e quindi adesso quando lo incrocio ci facciamo un cenno di saluto con la testa, senza dirci nulla - non appena è diventato presidente ha esposto nella Newsletter dell’IPA che l’IPA non voleva avere rapporti con persone che non condividevano i suoi standard. E cioè ha fatto il contrario del suo predecessore Etchegoyen. E questo in fondo ci mostra una scissione veramente importante esistente tra l’America del nord e l’America del sud. E dove la cosa diventa molto divertente è che quindici giorni fa ho ricevuto un invito ufficiale dell’associazione dell’IPA di Buenos Aires, la seconda associazione in estensione, ma anche la più esclusiva, un invito a pronunciare una conferenza ufficiale nella loro bellissima sede di Buenos Aires e siccome il direttore scientifico passava da Parigi l’ho invitato a pranzo. Quello che risulta è che benché Kernberg abbia proibito questo genere di contatti, la cosa non impressiona tanto. E lo stesso Etchegoyen, ci tiene moltissimo che in occasione di questo spostamento a Buenos Aires, ci sia fra di noi un nuovo dialogo, però vuole che sia un dialogo pubblico, di fronte a mille persone, e dice che sarà un evento storico. Io gli ho detto che gli eventi storici si riconoscono dopo e non prima. Non si tratta solo dell’affetto di Etchegoyen nei miei confronti che è in gioco qui. Dunque, per la prima volta, mentre noi rappresentiamo poco meno del dieci per cento rispetto all’IPA, siamo un elemento di un gioco internazionale, in cui siamo passivi, però siamo desiderati. Si tratterà di un dialogo collettivo in cui saranno invitati a partecipare altri colleghi, quindi effettivamente stiamo arrivando adesso in un epoca di grande responsabilità rispetto alla psicoanalisi e sono molto contento che questo coincida con il momento in cui l’Italia viene a prendere un posto così importante nell’ambito internazionale. C’erano già undici italiani iscritti per Buenos Aires e penso che avranno un grande ascolto, e che sarà l’inizio di una grande apertura che forse ancora non immaginate. Perché in ogni modo in Argentina la psicoanalisi ha una presenza sociale molto più forte che in Italia o anche in Francia.

 

Gennie Lemoine conclude dicendo che questa conversazione “in quanto pratica istituzionale è esemplare, ricca, fertile è anche drastica; c’è l’amicizia, c’è tutto. Però bisogna tener a mente che in questo modo i malintesi sono inevitabili, perché quando si parla ci sono sempre malintesi, che non sono dannosi se non c’è aggressività. Ringrazio tutti e arrivederci a Torino. Sono molto contenta di far parte del nucleo provvisorio che si occupa della futura Scuola lacaniana di psicoanalisi del Campo freudiano”.

 

Trascrizioni e riepiloghi di Ezio De Francesco